Qualche settimana fa vi avevo annunciato l'uscita del mio romanzo preferito di quest'anno, "Il tempo è un bastardo" di Jennifer Egan. Ora che il volume è in libreria copio qui di seguito la lunga recensione ho pubblicato due settimane fa sul quotidiano L'unità.
Quando in aprile Jennifer Egan ha vinto il Pulitzer con "A visit from the goon squad" sui media italiani si era diffusa la voce che a ottenere il più prestigioso premio letterario americano fosse un romanzo scritto in Power Point, ossia il software usato in tutti gli uffici per realizzare tavole e diagrammi illustrativi. Si trattava, ovviamente, di un'esagerazione. In realtà, il volume contiene un solo capitolo illustrato sotto forma di tavole, tuttavia resta un libro molto particolare: benché il resto sia pura narrativa non si può certo affermare che ci troviamo davanti a un romanzo tradizionale.
Ora che finalmente esce in
Italia pubblicato da minimum fax col titolo "Il tempo è un bastardo",
nell'ottima traduzione di Matteo Colombo, i lettori potranno rendersi conto di
persona del perché sia talmente originale da aver conquistato in patria
un'infinità di premi, non ultimo il National Book Award, soffiandolo al grande
favorito Jonathan Franzen.
Il libro è costituito da
tredici storie correlate fra loro. Difficile, e riduttivo, definirle
"capitoli". Non a caso l'autrice ne ha pubblicate numerose come
singoli racconti su riviste letterarie. Testi autoconclusivi dunque, che però
riuniti acquistano un senso generale, come piastrelle colorate che, una volta
avvicinate, si rivelano tessere di un grande mosaico.
Non è certo la prima volta
che un autore sceglie di scrivere un romanzo in forma di racconti. Citiamo per
esempio il best-seller internazionale di qualche anno fa "Manuale di
caccia e pesca per ragazze" di Melissa Banks, la cui protagonista era
ritratta in racconti che partivano dalla sua adolescenza fino ad arrivare alla
completa maturità. Quello che Jennifer Egan ha fatto però è qualcosa di più
azzardo e ambizioso: ha lavorato sui testi come entità individuali, non ha
seguito alcun ordine cronologico, ha dato spazio a una ventina di personaggi.
In altre parole, ha mischiato le tessere del puzzle, come se volesse suggerire
il disegno conclusivo senza mai tracciarlo.
Le due figure principali
attorno alle quali ruota il libro sono un produttore musicale, Bennie, e la sua
assistente, Sasha. Il lettore li incontra in varie fasi della loro vita e del
loro rapporto. Il libro si apre con un incontro di Sasha adulta dall'analista.
Nei capitoli successivi la ritroviamo ragazzina mentre assiste a un concerto
rock, madre di famiglia matura e sistemata in una villetta borghese di
provincia, giovane irrequieta mentre vaga nei vicoli di Napoli vivendo di
piccoli furti ed espedienti: sembrano tante donne, ma è sempre la stessa, colta
in momenti differenti della propria esperienza. Anche Bennie lo vediamo come
produttore di successo, adolescente cantante scatenato in un gruppo punk,
professionista in declino alla ricerca di un riscatto... Attorno a loro una
miriade di comprimari (figli, mariti, mogli, fratelli, compagni di univesità,
persino vecchi flirt dimenticati) che a volte sono relegati nel ruolo di
comparse, altre assurgono a quello di protagonisti.
L'andamento del romanzo è
continuamente oscillante fra momenti storici, punti di vista e intensità
differenti, in un arco temporale che va dagli anni '70 sino al 2020. Ogni volta
il lettore non sa cosa aspettarsi, si abbandona al flusso che l'autrice ha
programmato per lui. La Egan ha dichiarato di aver impiegato molto tempo per
stabilire la consequenzialità dei capitoli, come una sapiente dosatrice di
indizi ed emozioni. L'insieme che si compone alla fine è dunque un grande
affresco post-moderno.
L'ispirazione principale
dell'autrice è stata la lettura integrale della Recherce. Il modo di rappresentare la vita e le esperienze
individuali di Proust l'ha spinta a concentrarsi sulla complessità e la
frammentarietà del vivere contemporaneo. Per questo ha scelto di focalizzare la
sua attenzione su singoli episodi piuttosto che su una trama corale. A
spingerla verso questa libertà narrativa è stata anche un'altra grande
influenza, ma di ordine cinematografico, quel "Pulp fiction" di
Tarantino nel quale lo spettatore è catturato dalle diverse vicende prima di
arrivare a capire la relazione che le lega.
La complessità strutturale
non deve però spaventare. La vera forza del romanzo sta proprio nella
straordinaria qualità delle sue storie: una PR chiamata a rinnovare l'immagine
di uno spietato dittatore, un giornalista che si prende delle libertà con
l'attricetta che deve intervistare, un safari in Africa nel quale un figlio
s'invaghisce della giovane amante del padre, le pagine di diario di
un'adolescente del futuro in formato Power Point.
La potenza visiva di
questi episodi non è sfuggita ai produttori televisivi. Così come è successo
per "Le correzioni" di Franzen, anche il romanzo della Egan è stato
opzionato dal canale via cavo HBO per una riduzione televisiva. Trattandosi
della stessa rete che ha prodotto serie tv spettacolari del livello de "I
sopranos" e "Six feet under" è legittimo avere aspettative
elevate sul progetto.
"Il tempo è un
bastardo" è un romanzo profondamente contemporaneo, che racconta senza
svelare, che apre scenari e li richiude, e al termine lascia una curiosa
sensazione di inedita pienezza. E se è difficile trovarne equivalenti letterari
il motivo va ricercato nel tema del libro stesso, quello musicale. Questo libro
è come un album: si può scegliere di ascolarne le singole canzoni, ma è
nell'ascolto completo che se ne assapora tutta la potenza.
A me ha ricordato il Jonathan Coe travolgente de "La Casa del Sonno".
RispondiEliminaMiglior complimento non potrei fare ad un romanzo. :-)
La tua interessante recensione mi ha incuriosito non poco...e poi come non leggere il romanzo che ha soffiato un premio a quel pallone gonfiato di Franzen?...(Vinz? dov'è finito quel grande Coe???)
RispondiElimina@Stefano: eh si, Coe ha avuto quelle due vette assolute, "la famiglia Winshaw" e "la casa del sonno" e poi...si e' spento inesorabilmente.
RispondiEliminaTra l'altro e' davvero un peccato che nessuno abbia fatto film/serial dei suoi libri. Cioe', lo fanno con Franzen, capito!!!!!!
sempre belle scelte i pulitzer. anche quello dell'anno scorso e di due anni fà
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