Fine anni '80. Io lavoro come copywriter in un'agenzia pubblicitaria, anche se il mio interesse principale, già da allora, erano i libri. I miei amici ne erano bene a conoscenza.
Un giorno ricevo la chiamata di un amico che lavora come reporter presso un mensile di viaggi e attualità, ora estinto.
- Senti tu sai cos'è la "Generazione X"? -
- Sì, certo. E' una definizione presa dal titolo di un romanzo dello scrittore canadese Douglas Coupland -
- E cosa vuol dire? -
- Si riferisce alle persone che hanno oggi intorno ai 25 anni, che non hanno riferimenti sociali e culturali precisi, per questo li ha catalogati con una generica X -
- Verresti a spiegarlo in redazione? -
- In che senso, scusa? -
- Il giornale vorrebbe occuparsi del fenomeno, ma non abbiamo una conoscenza precisa della cosa, e ho pensato che magari tu potresti aiutarci. Ti presento al direttore, forse fa scrivere qualcosa anche a te... -
Illuso dalla prospettiva, accetto.
Il giorno seguente mi trovo in una sala di redazione con una mezza dozzina di giornalisti raccolti intorno a un tavolo ovale. Accanto a me, il direttore, che scopro essere una direttrice. Io, in piedi, spiego l'origine della definizione, riassumo i contenuti del romanzo, indico le caratteristiche non-caratteristiche della popolazione a cui l'etichetta si riferisce.
Al termine, la direttrice stessa, chiede: - E dove si trovano questi ragazzi? Che locali frequentano? -
- E' un po' questo il punto: non hanno riferimenti. I luoghi che frequentano sono non-luoghi: centri commerciali, sale giochi, fast food, sale d'attesa di aeroporti. E' il fatto di essere generici che li caratterizza. E' un paradosso -
Lei insiste: - Sì, ma puoi darci i nomi di questi centri commerciali? -
La guardo stupefatto. - Non sono luoghi specifici. Qualunque centro commerciale -
La direttrice comincia a squadrarmi con un leggero fastidio, come se io non sia in grado di cogliere il suo ragionamento: - Senti, noi dobbiamo scrivere degli articoli che i lettori possano capire, dare loro dei riferimenti precisi, dei nomi. Se tu non ne conosci, va bene. Ma ce ne saranno -
- Onestamente, se è questo il vostro intento, credo che la Generazione X come soggetto sia sbagliato. E poi il fenomeno è prettamente americano. Potreste fare un servizio, che ne so, sugli attori o sui cantanti di quell'età, come artisti che identificano quella generazione. Ma se il vostro intento è quello di indicare locali, ristoranti o discoteche, allora è un vicolo cieco -.
La direttrice non è affatto convinta. Scuote le spalle. - Sarà come dici tu - dice, ma è chiaro che non lo pensa affatto. - Avresti qualcosa d'altro da suggerirci? C'è qualche fenomeno interessante che sta invece venendo fuori in Italia secondo te? -
Ci penso un attimo. Così su due piedi non so cosa dire. - Beh, forse ci sarebbe una cosa... -
- Sì? -
- Ecco, mi sembra che stia per essere ampianente rivalutato il fenomeno del trash. Il recupero del cattivo gusto. Negli ultimi tre mesi sono usciti due saggi che si occupano del fenomeno, per piccole case editrici, però è significativo. Stanno facendo un musical sulla mafia con musiche di Nino D'Angelo, una parodia. Anche nei locali dove vado con gli amici mi accorgo che sempre più spesso vengono riscoperte canzoni imbarazzanti del passato ma proposte col gusto della riscoperta... -
La direttrice mi interrompe. - Ecco, mi sembra che sia una cosa che diverte te e i tuoi amici. Senza offesa, eh? Ma io parlavo di fenomeni sostanziali -
Il mio incontro è finito. E' chiaro che io e la direttrice ci detestiamo e che io non scriverò mai una riga per questa rivista. Il mio amico reporter mi riaccompagna alla porta in evidente imbarazzo.
Esattamente un anno più tardi (sottolineo, un anno), in edicola vedo la copertina del nuovo numero della rivista. Il titolo riporta: "Trash: un fenomeno italiano".
E' sostanziale che Nino D'Angelo sia un fenomeno.
RispondiEliminaBuona memoria la direttrice, non c'è che dire. Avrei voluto vedere la tua faccia in quel momento. :-)
RispondiEliminaBisogna applicare il copyright pure alle idee!
RispondiEliminaforse han pensato che a quel punto gli unici a leggere la rivista eravate tu e i tuoi amici...
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