martedì 22 novembre 2011

I FIGLI DELLE GIOSTRE


Ogni anno, a maggio, in occasione della festa del patrono, nel mio paese arriva un piccolo luna-park. Visto oggi con gli occhi da adulto è un assembramento patetico di poche e malconce attrazioni, ma quando ero bambino mi sembrava un grande e meraviglioso evento.
La cosa che però mi affascinava di più era che in quei giorni a scuola venivano inseriti nelle classi i figli in età elementare dei giostrai. Mi eccitava l'idea di un compagno di classe nuovo e di passaggio, destinato a durare il breve arco di cinque o sei giorni, e dalla vita così avventurosa. Si trattava in effetti di ragazzini piuttosto diversi da noi. Avevano un'aria più indipendente, più matura. Era gente sempre in viaggio, abituata a vedere scenari e persone ogni volta diverse, e del tutto avvezza alla convivenza con gli adulti. Spesso questi stessi ragazzini che la mattina vedevi nei corridoi li incontravi di nuovo la sera che davano una mano ai loro genitori sulle giostre, ritirando i biglietti dei bambini in fila o aiutando i grandi a coprire le attrazioni con i teloni all'orario di chiusura. A me parevano quasi eroici in questo.
Non ho mai capito quale fosse il criterio che regolasse l'inclusione di uno di questi alunni temporanei in una classe piuttosto che un'altra. So solo che ogni volta io speravo tenacemente che finissero nella nostra classe, ma non è mai successo. C'erano cinque sezioni alle elementari. Io ero nella E. Forse, semplicemente, venivano messi nelle A e B.
Nella mia testa coltivavo la speranza di diventare amico per la pelle con qualcuno di loro, di poter entrare nelle roulotte parcheggiate alla periferia del paese, di aggirarmi nel luna-park quando le giostre erano ancora spente e nessuno aveva il permesso di accedervi tranne i proprietari, di ricevere lettere da indirizzi lontani una volta che fossero ripartiti.
Invidiavo terribilmente i miei amichetti delle altre classi a cui era toccato in sorte un figlio delle giostre. Li tempestavo di domande su di lui: - Come si chiama? E' simpatico? E' bravo a scuola? Qual è la sua giostra? -. I miei amici non capivano cosa ci trovassi di tanto interessante. Mi fornivano risposte laconiche tipo: - Sta sempre zitto -.
Una volta una ragazzina era stata affidata alla classe confinante con la mia. Per tre giorni, durante l'intervallo, l'ho osservata mangiare la merenda accanto alle sue nuove compagne, cercando di trovare il modo per avvicinarmi e stringere un'improvvisa e fulminante amicizia. Il quarto giorno mi decisi. Di lei sapevo solo che era la figlia dei proprietari del tunnel della paura, una struttura nella quale i visitatori dovevano seguire un percorso al buio, squarciato ogni tanto da fari che illuminavano teschi in plastica o finti ragni. Ci ero stato la sera prima e l'avevo trovato terribile e per niente spaventoso, ma non mi importava. Attesi che la bambina mi passasse accanto per rientrare in classe e la fermai. - Volevo solo dirti che la tua giostra è bellissima - esclamai con entusiasmo. Ero consapevole di mentire, ma volevo lusingarla. Lei mi guardò con aria sbalordita e leggermente schifata. Dalla sua espressione compresi che lei stessa riteneva la propria giostra orrenda e che solo un deficiente avrebbe potuto entusiasmarsene. - Grazie - mormorò imbarazzata, allontanandosi. Mi sentii avvampare per la vergogna e per avere tentato un approccio così meschino e fasullo. L'unico effetto che ottenni fu che nei suoi ultimi giorni di permanenza a scuola si girasse dall'altra parte quando i suoi occhi incrociavano i miei in cortile.
Paradossalmente l'incidente non fece altro che confermare la mia fascinazione verso questi individui, appartenti a un mondo misterioso che non riuscivo neppure a immaginare come approcciare.
Un fascino destinato a durare solo brevemente, perché poi sono cresciuto, mi sono disinteressato delle giostre e ho scoperto le popstar.




4 commenti:

  1. scrivi sempre da dio

    filippo

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  2. Beh, le popstar sono delle giostre. I tuoi Take That, per esempio. Sono cone i ragni finiti, temo

    Madonna aka Lalla

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  3. io impazzivo per il figlio dei giostrai del calci-in-culo! L ho rivisto quest'anno, è invecchiato pure lui, sempre al calci-in-culo!....ma come? invecchiano pure gli abitanti del Paesi dei Balocchi? :(
    Rita

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  4. Trovavo che i piu' interessanti fossero i bambini degli zingari (mi si conceda il termine impreciso ma e' cosi' che venivano definiti ai tempi della mia infanzia).

    Per i loro sguardi, la loro bellezza e per le svariate storie, sempre tremende, messe in circolazione dai genitori.

    Li osservo attentamente ancora oggi e soprattutto da quando ho due bambini.

    Ora sono anche qui in Svizzera "accompagnati" dai loro, si spera, genitori.

    Vincenzo
    Furti e altri usi tipici dell'etnia sono in clamoroso aumento.

    Certo, qui lavorano a mani basse dato che la gente li guarda semmai stupita ma non preoccupata.

    Quando li vedo per strada non posso fare a meno di notare quanto stridano rispetto al contesto. Ma a loro sembra non interessare. Sono perfettamente a loro agio.

    E i loro bambini hanno sempre gli stessi occhi e la stessa bellezza di allora.

    Speriamo che non mi rubino in casa.

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