Scena: una ragazzina e una madre davanti alla vetrina di una libreria in centro. La ragazza indica un volume e insiste perché la madre glielo compri. Lei infastidita risponde: - Di libri leggi già quelli che ti danno a scuola - e la trascina via. Io indignato per il comportamento della madre mi avvicino per vedere il libro che questa giovane lettrice avrebbe tanto voluto comprare: era la foto-biografia degli One Direction.
sabato 28 giugno 2014
venerdì 27 giugno 2014
IL RITORNO DELLA CARTA
I fedeli lettori della rivista ’tina si saranno accorti che è passato un sacco di tempo dall’ultimo numero. Il motivo è che stavo lavorando a una nuova fase del progetto e dopo mesi e mesi di indecisioni, prove e tentativi, sono finalmente giunto al risultato che speravo.
È con grande gioia e soddisfazione che annuncio l’uscita del nuovo numero, il ventinovesimo della serie, e per la prima volta dopo ben quindici anni in edizione cartacea.
Sì, ’tina ritorna in forma fisica: un libretto di circa cento pagine, stampato in tipografia e in edizione ultra-pocket. Non di quelle da mettere in tasca, ma addirittura in un taschino. Un formato che si differenzia da ogni altra rivista di carta in circolazione e che è comunque destinato a essere unico per questo specifico numero. Poi si cambierà, ogni volta.
La rivista uscirà la settimana prossima e sarà in edizione limitata, firmata e numerata di 150 copie. Non ci saranno ristampe, non ci saranno altre edizioni. La modalità di distribuzione sarà molto artigianale e la svelerò in seguito.
Il numero comprende quattro racconti di altrettanti straordinari esordienti (Giorgio Specioso, Elena Ghiretti, Mauro Maraschi e Maria Cristina Comparato) e un racconto inedito del cantautore Dente.
La copertina è una splendida illustrazione di Alessandro Baronciani: San-Tina, che mostro in anteprima qui sotto.
Chiedetemi se sono felice (è una domanda retorica).
PS Che poi uno dice, già che c’eri debutta col formato nuovo in occasione del trentesimo numero no? Che senso ha farlo col 29?? Ma si sa, a me le cose troppo tonde non piacciono mai. Stranezza is the real deal.
lunedì 23 giugno 2014
KATE MOSS DE NOANTRI
Mai mi sarei aspettato un giorno di trovarmi a consigliare un manuale di autoaiuto. Men che meno mi sarei atteso di consigliare un manuale di autoaiuto per donne intorno ai 40 anni.
Sono forse impazzito? (Mi scopro forse transgender?) Non proprio.
Il libro in questione è un ebook autoprodotto intitolato “E comunque non sei Kate Moss” (sottotitolo: “I tuoi prossimi 40 anni”) e lo firma Roberta Lippi, autrice che ha lavorato per MTV, per il gruppo Condé Nast e per un sacco di altre cose.
Quello che rende questo libro una lettura interessante è che è scritto da una persona intelligente. Ok, detta così fa schifo, mi rendo conto, ma lo intendo davvero alla lettera. I manuali di autoaiuto sembrano scritti da mestrine spocchiose per lettori vagamente ritardati. Questo invece è il testo che la tua migliore amica ti avrebbe scritto se ne avesse avuto le capacità: ti dice le cose in faccia, ti fa riflettere, ti fa molto, molto ridere, ti offre consigli efficaci su questione pratiche reali. Non è poco, anzi è moltissimo. Lo testimonia un lettore che non è il target di questo libro: non ho problemi di capelli lunghi sciolti o raccolti, né ansia di maternità, né di bellezza che sfiorisce e oltretutto non sono una donna, eppure l’ho letto dall’inizio alla fine, di gusto. E per tutto il tempo ho pensato la stessa cosa: ecco come dovrebbero essere scritti testi del genere. Perché Roberta Lippi usa il meccanismo del manuale per scrivere un libro vero: medita sull’in-vecchiamento, sui rapporti fra i sessi, sull’autostima, sugli amici, sui figli (che hai o che non hai scelto di fare), sui figli (degli altri), sulle occasioni perdute, sugli sbagli, sui comportamenti accettabili o inaccettabili all’interno delle relazioni, sulle scelte professionali, sulla solitudine, sulla libertà. Lo fa con un tono diretto e senza fronzoli, mischia ricordi personali e saggezza digitale, ti apre gli occhi su un sacco di cose ma lo fa con buon senso e anche infondendoti una certa dose di sano ottimismo.
Se foste amici di Roberta Lippi su Facebook mi credereste senza difficoltà: i suoi status sono una delle rare cose che vale sempre la pena leggere. Lezioni di arguzia. Purtroppo Roberta accetta come amici virtuali solo le persone che conosce personalmente e con le quali ritiene abbia senso condividere contenuti della propria vita. Spiega anche questo nel libro e con una lucidità impeccabile.
“E comunque non sei Kate Moss” costa 2.68 euro su Amazon.
Potrebbe piacervi, se siete maschi curiosi o giovani donne.
Se siete donne oltre i 30 sarei più insistente: leggetelo.
lunedì 9 giugno 2014
QUELLI CHE CI PROVANO
Una categoria, forse tipicamente italiana, che non ho mai ben capito è quella di chi ci prova. Non mi riferisco a chi si getta con entusiasmo e anche la necessaria incoscienza verso nuove imprese, mettendosi a rischio pur di cambiare la propria situazione. Questa è gente che ammiro e talvolta invidio (respect!).
No, parlo di chi si intrufola in situazioni nelle quali è del tutto estraneo, chi gareggia in competizioni senza averne alcuna preparazione, chi si presenta a concorsi senza nessuna competenza. La falange di chi ci spera, nonostante tutto.
Mi è capitato più volte, e in contesti del tutto differenti, di avere a che fare con simili individui. Tipo, essere giurato in un concorso per un romanzo e ricevere una raccolta di poesie. O un concorso per un racconto giallo e ricevere un racconto porno. O un concorso per un romanzo d’avventura e ricevere le meditazioni di una suora in convento (giuro) (e no, non c’era l’intento post-post-postmoderno di fare passare la clausura per una forma filosofica ed extreme di avventura: semplicemente non c’entrava nulla).
Ogni volta mi chiedo: ma chi compie questi tentativi cosa pensa che possa accadere? Che l’intera giura, colta da alterazione psichica collettiva, premi un’opera del tutto fuori contesto? Che si dimentichino il tema del concorso? Che non si accorgano che è fuori tema?
Altro caso, ancora diverso: i casting televisivi.
Due anni fa dovevo selezionare i tifosi delle varie squadre da inviare negli stadi come inviati di “Quelli che il calcio”. In quel caso la richiesta era semplice: cerchiamo veri appassionati. Eppure anche lì c’erano gli intrufolati improponibili. Quelli che approssimavano (“...Oddio non è che proprio segua tutte le partite della squadra...”, “...Adesso come adesso non mi viene in mente come si chiama il capitano...”), quelli che confondevano i ruoli (chi quasi non parlava l’italiano e pensava di saper fare telecronache, le solite ragazze discinte convinte che la velina funzioni sempre e comunque), quelli che fingevano di ignorare le richieste (i tifosi di squadre di un altro campionato), quelli che rasentavano il genio del qualunquismo (la mia preferita di tutte, una ragazza che ha dichiarato: “Non è che io sia proprio tifosa di una squadra in particolare: comunque, forza Serie A!”).
Io capisco che ci siano casi nei quali va bene provarci: alla selezione del Grande Fratello ci può andare chiunque ed è pacifico. Ma se io sto cercando un tifoso che commenti le partite, come pensi che possa scegliere te che ignori persino i titolari della squadra? Quale assenza di connessioni neurologiche potrebbe portarmi a considerarti idoneo quando non sai neppure in che categoria gioca la tua (presunta) squadra? Ma soprattutto, ammettendo che ciò avvenga, perché vorresti andare al massacro (inviato in una circostanza nella quale non saprai cosa dire)?
A certi non ho potuto fare a meno di chiederlo: scusa, ma se non sei tifoso, se non ne sai niente di calcio, perché hai fatto questo provino?
E la risposta, un’ammissione di colpa serena accompagnata da un sincero sorriso, è sempre, inesorabilmente la stessa: “Ma sai, uno ci prova sempre, no?”.
Ecco: no, non so. Evidentemente, perdonatemi, non ci arrivo proprio.