sabato 26 settembre 2015

LA PAROLA AI LIBRAI: 7 - LUCA POSSENTI (ROMA)


Cosa ti ha spinto ad aprire una libreria?

In realtà a lavorare in una libreria sono giunto per caso. Circa dieci anni fa avevo appena lasciato il mio lavoro di tecnico pre-sales in una multinazionale di telecomunicazioni e ne avevo abbastanza di un certo tipo di ambiente. Non lo sapevo in maniera cosciente, ma avevo davvero bisogno di una sorta di downshift lavorativo e di ritrovare un ambiente più intimo e umano, con tutti i pro e i contro che ne derivano. L'occasione è capitata quando la mia libreria di fiducia sotto casa aveva bisogno di una mano e mi sono prestato a dargliela. Da lì è nata un'amicizia e un nuovo lavoro. Quando poi lo scorso anno i proprietari della libreria sono andati “in pensione” dopo 35 anni di attività, ho fatto una scommessa insieme al mio compagno da 20 anni, Francescopaolo, e a dicembre abbiamo riaperto i battenti. Una scommessa rischiosa dal punto di vista economico (con una libreria di certo non ti ci arricchisci; se va bene, riesci a viverci); ma credo che soprattutto in tempi bui come questi – sia da un punto di vista economico che culturale - bisogna osare.



Come pensi sia cambiato il lavoro del libraio negli ultimi 10 anni?
La professione del libraio è a rischio di estinzione e dovrebbe essere salvaguardata dal WWF. I librai indipendenti sono attaccati dalle grandi catene e dalla grande distribuzione (come i supermercati) che per anni hanno potuto permettersi sconti enormi (ma che adesso si rendono conto di aver fatto i conti senza l'oste. Anzi i conti molti non li hanno mai pagati e ora stanno sottosopra); sono attaccati dai distributori editoriali, che sempre più chiedono garanzie economiche eccessive; la legge Levi che avrebbe dovuto proteggere i piccoli librai dagli sconti eccessivi che i grandi potevano permettersi si è ritorta contro tutti e le case editrici ne approfittano; sono attaccati dalla diffusione degli e-book e dalle grandi multinazionali che vendono libri online e, last but not least, dall'enorme produzione editoriale (“meno si vende, più si pubblica” è la regola). Senza dimenticare, infine, lo sconto al cliente, che ormai sembra obbligatorio: la gente forse non sa o non riflette sul fatto che il libro ha un prezzo imposto, quindi senza ricarico, che il margine di guadagno è molto ridotto e che da questo un libraio deve tirarci fuori i soldi della busta, del pacchetto regalo, delle bollette, dell'affitto e magari riuscirci a vivere. In aggiunta a tutto ciò, si legge sempre meno e soprattutto male: spesso i lettori vengono imboccati da giornali (con recensioni comprate) e tv (con spottoni ai soliti noti) e quei pochi libri che vengono letti in massa sono spesso di qualità scadente. Per questo il libraio vero, quello che legge, si informa, si confronta e infine consiglia o discute è oggi più che mai una figura fondamentale. Sempre che gli rimanga il tempo di farlo tra un conto e l'altro. 


So che è impossibile, ma se dovessi identificare un tuo cliente standard più o meno come lo descriveresti?
In una piccolissima libreria di quartiere come la nostra, il cliente standard è quello che entra e sa di poter contare su un consiglio buono, sa che il libraio già alla seconda volta ha capito quali sono i suoi gusti in materia di letteratura e può aiutarlo a scoprire nuovi titoli e autori in sintonia con le proprie preferenze. Sembra incredibile, ma una gran parte dei nostri clienti entra in negozio dicendo: “Buongiorno! Cosa mi fa leggere oggi?”.


Qual è la soddisfazione maggiore che ti da il tuo lavoro?
Quando passano in libreria solo per dirti quanto è piaciuto loro il libro che hai consigliato.


Cos’è che ti fa davvero cascare le braccia?
Quando i genitori vengono al posto dei figli a comprare romanzi che hanno assegnato loro a scuola e si spaventano del titolo o si lamentano del numero delle pagine (“Oh, ma sono 200 pagine! Non lo leggerà mai! Ha mica un riassunto?”)


La cosa più assurda che ti ha chiesto un cliente?
Chiedono di tutto in realtà, neanche avessi un supermercato. Una delle domande più frequenti è “Ho sentito di un libro che mi interessava, ma non so né il titolo, né l'autore” (ma spesso riusciamo a capire di cosa si tratta). Ma purtroppo mi è capitato anche più di una volta in realtà di dover dire “Mi spiace, ma non posso farlo” alla richiesta di qualche cliente di comprare per lui/lei un libro online.


Il ricordo più bello della tua esperienza da libraio?
Ogni volta che tornano per parlare del libro che hanno letto grazie a te e ti chiedono un nuovo consiglio o te ne danno uno in cambio. Ogni volta che si crea una piacevole discussione con o tra i clienti. Ogni volta che un cliente è diventato un amico. Ogni volta che un bambino è eccitato per l'uscita di un nuovo libro. Ogni volta che i laboratori per bambini che organizziamo spesso nei weekend sono apprezzati e partecipati. Ogni volta che hanno successo gli incontri con gli autori; recentemente è stato fantastico quello con Alessio Arena, bravissimo scrittore e cantautore, che oltre a parlare del suo romanzo “La letteratura tamil a Napoli”, ha suonato la chitarra e cantato. Per giorni e giorni la gente è venuta a ringraziarmi per aver organizzato l'incontro e l'eco di quella serata è ancora viva nel quartiere. O quello esilarante con Gaja Cenciarelli per il suo “ROMA (TUTTO MAIUSCOLO COME SULLE VECCHIE TARGHE)”, accompagnata per l'occasione, tra gli altri, da Giordano Meacci e Francesca Serafini, appena passati sul red carpet a Venezia per la sceneggiatura del bel “Non essere cattivo” di Claudio Caligari.


Pensi che la presenza della tua libreria apporti un miglioramento al tuo quartiere/alla tua città? Perché?
Penso di sì, o almeno lo spero. Ho scelto di continuare a fare questo mestiere perché credo che una libreria non sia solo un esercizio commerciale, ma possa e debba diventare un luogo di scambio di idee.


Cosa può dare in più una libreria indipendente che i negozi delle grandi catene non possono dare?
Per i clienti l'opportunità di una chiacchiera, di un consiglio, in generale di una “coccola” che in un negozio di una grande catena non potrebbero mai ricevere. Quando il cliente inizi a conoscerlo, sai già che tipo di libro vuole leggere, per quale autore va matto, cosa evitare di proporgli e cosa invece puoi fargli provare di nuovo. Molti clienti con il tempo hanno cambiato gusti e sono/siamo cresciuti insieme. 


Ti capita di contribuire, nel tuo piccolo, al successo di qualche libro?
Capita di continuo. Il fatto di essere piccoli e indipendenti dà l'opportunità di proporre non solo il bestseller che il cliente trova ovunque, ma anche la piccola coraggiosa casa editrice (tanto per fare qualche esempio, la Playground o la Marcos Y Marcos) o l'autore che sai essere grande, ma che rimane invisibile per le leggi di mercato (ad esempio, la grandissima autrice canadese Helen Humphreys non va mai in classifica, ma da noi è ormai conosciuta e apprezzata quanto la Munro, se non di più). E poi ci permette anche di proporre libri su tematiche come quelle dell'omogenitorialità che, anche per motivi personali, ci piace vengano conosciuti.


Cosa ti spinge ad andare avanti in questa attività?
La prima parola che lessi (o meglio, riconobbi) fu “Motta” passando davanti ad un autogrill quando avevo solo 3 anni. Arrivai alle elementari, sapendo già leggere e scrivere e da allora non sono mai stato un giorno senza leggere un libro. Quindi direi che, sì, la passione per i libri (insieme al cinema e alla musica) è alla base del mio lavoro. Anche se poi non è così “romantico” come generalmente si crede e tocca fare i conti con cose più concrete e decisamente meno interessanti di un buon romanzo. 
Aggiungo che è un lavoro che gratifica spesso nel rapporto con la clientela e che può creare spunti di discussione e riflessione. Il che non guasta mai.



Libreria “Pagina 272”
Via Salaria, 272

Roma

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