lunedì 14 settembre 2015

LA PAROLA AI LIBRAI: 1 - ANDREA GELONI (PIETRASANTA)




Cosa ti ha spinto ad aprire una libreria?
È quello che ho sempre voluto fare. Solo che pensavo fosse impossibile campare vendendo libri (e in effetti un po’ lo è). 

Come pensi sia cambiato il lavoro del libraio negli ultimi 10 anni?
Lo faccio da meno di dieci anni, ma anche confrontandomi con i colleghi credo che il lavoro del libraio indipendente sia da una parte più complicato e dall’altro più stimolante. Non ti puoi sedere mai. Una base di competenze ci vuole, ma non puoi prescindere da un aggiornamento continuo, dal sapere di cosa si parla sui social e persino su Vanity Fair. Essere “sul pezzo” è fondamentale. Ma lo è anche non perdere di vista che siamo bravi solo se leggiamo. Ossia se poi chiudiamo i social e Vanity, e apriamo un libro. Una specie di doppia identità necessaria.  

So che è impossibile, ma se dovessi identificare un tuo cliente standard più o meno come lo descriveresti?
Io sono un libraio fortunato. Ho molti clienti ai quali basta che dica “questo”: e sono soddisfazioni, perché vuol dire che il consiglio precedente è andato a segno. Ma forse professionalmente sono più importanti quelli che hanno anche qualcosa da insegnarmi, in un’ottica di scambio tra umili e appassionati lettori. Però il mio cliente standard è anche uno a cui piace chiacchierare, non necessariamente di libri. Forse siamo diventati presidi di scambi di umanità, in senso lato.

Qual è la soddisfazione maggiore che ti da il tuo lavoro?
Il vero libraio è san Giovanni Battista: noi indichiamo il Messia. Quando punto la pistolina sul codice a barre del Conte di Montecristo, e so che la persona che ho davanti sta per incontrare Edmond Dantès, e che quello sulla pistolina è l’umile dito che indica la luna: quello è il momento migliore.

Cos’è che ti fa davvero cascare le braccia?
Quelli che pensano che un libro sia una merce come le altre. Con tutto che pago le fatture e l’affitto come gli altri commercianti: ma chi pensa che un libro vada promosso con i trucchetti del marketing non ha capito nulla. Poi lo so che i grandi numeri si fanno anche coi trucchetti del marketing, ma preferirei che chi si occupa di grandi numeri tacesse su cosa vuol dire fare il libraio, che è un’altra cosa. A ciascuno il suo. E poi sì, lo devo dire: quelli che hanno il conto in Banca Etica e comprano i carciofi bio e lo zucchero integrale e poi però non si fanno problemi a comprare i libri su Amazon.

La cosa più assurda che ti ha chiesto un cliente?
A parte l’ormai vasta letteratura sugli strafalcioni – che fanno anche tenerezza, e li faccio anche io – la cosa più assurda, diciamolo, sono gli sconti. Gli sconti sui libri sono assurdi, e nei paesi civili infatti sono vietati, cosicché i libri costano meno per tutti. Noi ovviamente facciamo piccole promozioni (quel poco che è sostenibile) e sulle spese medie qualcosa levo, ma mi trovo davanti gente che da per scontato che io possa comportarmi come chi ha margini che sono più grandi dei miei anche di dieci volte. Poi capita che chi chiede lo sconto sul librino da otto euro poi ti chieda se è ancora in commercio il fotografico nel quale si parla della villa medicea ove risiede. Giuro, è successo. Mentre chi conosce davvero il valore dei soldi, e dei libri, è meno facile che chieda sconti.

Il ricordo più bello della tua esperienza da libraio?
Quando Vargas Llosa venne in libreria e mi pagò con la carta, e io vidi sulla carta “Mario Vargas Llosa” e pensai: ma guarda questo, oltre allo stesso nome ha anche una somiglianza impressionante. Giuro. E poi quando venne la Vanoni, canticchiando “L’uselin della comare”. E poi i clienti normali, quando vengono a farti vedere il bimbo appena nato, o quando portano gli amici. Ma non finirei più.

Pensi che la presenza della tua libreria apporti un miglioramento al tuo quartiere/ alla tua città? Perché?
Non è che lo penso: lo so. Ma non è che sto lavoro lo faccio io da solo. Lo fa anche chi frequenta le librerie indipendenti. Un centro storico senza una libreria – e purtroppo ce ne sono tanti - è come un cono senza il gelato. Però tanti si lamentano solo quando le librerie chiudono, perché fa cittadino responsabile e attento. Bisognerebbe pensarci prima, finché le librerie sono aperte. Le istituzioni, certamente, ma anche le singole persone.

Cosa può dare in più una libreria indipendente che i negozi delle grandi catene non possono dare?
A parte la comodità per il cliente di non dover stare a spiegare al commesso che Tristram Shandy non è l’autore di Vita e opinioni, essere indipendenti per un libraio vuol dire promuovere quello che davvero ci piace e non quello che decidono gli uffici marketing che hanno pagato tot di diritti e devono rientrare delle spese. Essere liberi di mettere in prima fila il titolone della grossa casa editrice (perché è indubbio che spesso con maggiori mezzi si stampino autori migliori) ma anche di affiancarci il grande scrittore sconosciuto pubblicato dalla piccola casa editrice. E anche essere liberi di dire alla cliente che conosci bene, e che si fida di te: guardi che di quel libro secondo me può fare a meno. 

Ti capita di contribuire, nel tuo piccolo, al successo di qualche libro?
Ehi, parli col suggeritore del titolo Morte dei marmi! Quindi certo che sì. A parte questo (che è una cosa a cui tengo tantissimo, anche perché è venuta chiacchierando, mentre Fabio Genovesi girottolava in libreria, senza brainstorming o indagini di mercato) è indubbio che nel sottobosco delle case editrici indipendenti le librerie indipendenti riescono a fare molto. Sono numeri che farebbero sorridere i grandi manager, ma che spesso fanno la differenza sia per noi che per loro. Poi ora coi social è tutto più semplice, sia fattivamente che in potenza, se riusciamo a fare sempre più rete. Se io so che a Fabrizio Piazza (libraio indipendente a Palermo) è piaciuto un libro, siccome c’è stima, so che un’occhiata gliela devo dare anch’io, e che probabilmente piacerà anche a me e ai miei clienti.

Cosa ti spinge ad andare avanti in questa attività?
Le mie socie, i miei clienti. E poi l’idea che sia possibile fare bene il proprio lavoro. Parlo del mio, certo, ma parlo di tutta la filiera. Dagli scrittori, agli editor, ai traduttori, agli editori, agli agenti, ai librai. Forse non si percepisce da fuori, ma se non ci fosse una passione fortissima, coi numeri che girano saremmo tutti a casa. Invece stringiamo i denti e resistiamo, non si sa nemmeno fino a quando, e a volte nemmeno a cosa stiamo resistendo. Ma sappiamo perfettamente, senza il minimo dubbio, che ne vale la pena. 

Andrea Geloni
Libreria NINA
Via Mazzini, 54 

Pietrasanta (Lu)



2 commenti:

  1. Premesso che entrare in libreria ha il suo insostituibile fascino, scegliere, toccare, tenere in mano un libro, il suo odore, è magico ma, mi hanno regalato Kindle ad agosto, ho letto in poco più di un mese circa 15 libri, vabbè complici le ferie e un po' più di tempo a disposizione (almeno tre i libri letti dietro tuo suggerimento, I dirimpettai, A volte ritorno, Sembrava una Felicità - in lettura -), capisco che, insomma, Amazon toglie lavoro ad una categoria già parecchio penalizzata dall'ignoranza ma è poi così male leggere un e-book?

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