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martedì 31 luglio 2018

E DI NUOVO CAMBIO CASA




Contrario a ogni regola di logica e fidelizzazione, questo blog cambia indirizzo per la TERZA volta. Ma stavolta dovrebbe essere quella definitiva. 
Ho aperto un nuovo sito www.matteobb.com che finalmente raccoglie in un unico indirizzo tutti i vari contenuti che mi riguardano: blog, 'tina, podcast, libri e social. 
Una casa unica per tutto. Era ora.
Ci vediamo di là (spero). 

lunedì 4 giugno 2018

QUANDO LE STORIE SONO LIBERE

Sta per partire un nuovo progetto che mi entusiasma in modo particolare. Si chiama “StorieLibere.fm” ed è un portale che raccoglie una serie di podcast originali.


A differenza di altri paesi, dove il formato del podcast ha da tempo raggiunto una sua identità specifica e una diffusione notevole, in Italia il formato è ancora molto poco valorizzato. La quasi totalità dei podcast presenti nel nostro paese non è altro che la replica di trasmissioni radio, ossia di contenuti non ideati per questo formato specifico. Qualcosa però comincia a cambiare anche da noi. Il punto di svolta in questo senso l’ha probabilmente fornito alcuni mesi fa “Veleno”, un’inchiesta giornalistica di Pablo Trincia e Alessia Rafanelli per Repubblica, che ha dimostrato forse per la prima volta a un pubblico molto vasto (è stato al primo posto nella classifica dei download per settimane) come si possa utilizzare il mezzo del podcast per produrre un contenuto seriale di alta qualità, con caratteristiche proprie e che non ha niente da invidiare a radio e tv. Forse sull’onda di un simile risultato, o forse più semplicemente perché i tempi sono maturi, negli ultimi tempi sono nate diverse nuove produzioni (cito per esempio Postcast de Il post e PodLast, i podcast della Stampa). 
In questo scenario in ebollizione, si colloca anche la nascita di StorieLibere.

Per citare le parole con le quali loro stessi si presentano sul sito: “StorieLibere.fmè un progetto di narrazione e intrattenimento che si propone di ridare centralità alla parola. Una piattaforma di podcast audio affidati a narratori militanti.”
Fra i militanti ho il piacere di esserci anch’io.
I podcast presenti sul sito saranno tutti scaricabili gratuitamente e sono dedicati alle tematiche più diverse: per esempio, “Morgana”, il podcast di Michela Murgia (scritto con Chiara Tagliaferri) è sulle donne controcorrenti (“esagerate e stronze, difficili da collocare”); “Mexico ‘68” dello scrittore Riccardo Gazzaniga, già Premio Calvino, è dedicato alle Olimpiadi che hanno cambiato il mondo; “F***ing genius” del divulgatore scientifico Massimo Temporelli racconta le grandi figure che hanno reso possibile la nostra evoluzione;  “The Owl podcast” del cestista Jacopo Pozzi presenta le storie dei maggiori campioni del nostro sport; “Il gorilla ce l’ha piccolo” del biologo e conduttore Vincenzo Venuto ci illustra i comportamenti sessuali degli animali… 


Il mio programma si chiamerà “Esordienti. Un podcast per chi scrive” ed è una sorta di tutorial vocale per tutti gli scrittori in erba che aspirano alla pubblicazione, con istruzioni pratiche, consigli e interviste ai maggiori esponenti del mondo editoriale. Debutterà il 10 giugno con la prima puntata, alla quale seguiranno altre cinque.
Un’anteprima dei contenuti del sito è stata offerta ai visitatori dell’ultimo Salone del libro di Torino, con un interesse e un gradimento di pubblico davvero inaspettati. 


Ora però il portale è finalmente on line e su storielibere.fm potete già ascoltare i trailer di tutti i podcast presenti e farvene un’idea. 

venerdì 1 giugno 2018

BADATE ALLA BADANTE

Se in Italia avessimo avuto un gruppo come i Fangoria avrebbe avuto una carriera brevissima. Nacho Canut, un musicista capace di produrre un pop elettronico esuberante al confine con la dance e Alaska, una cantante dall’aspetto eccessivo, con un look da battona, un trucco sempre acceso e un abbigliamento che travalica consapevolmente nel travestitismo. Testi arguti mischiati a musica da ballo e visual che fanno del camp il solo stile di riferimento. La serietà di Canut si scontra con l’esuberanza di Alaska, ex attrice almodovariana (aveva esordito appena diciassettenne in versione punk nell’inarrivabile “Pepi, Lucy, Bom y otras chicas del monton”) e protagonista in anni recenti di un reality show sull’MTV spagnola insieme al marito Mario.



I Fangoria potrebbero essere descritti come un incrocio ideale fra il Rocky Horror Picture Showe i Pet Shop Boys. Ripeto, da noi un disastro annunciato.
In Spagna invece e per fortuna sono da anni un duo di grandioso successo. Ma, sino a ora, inesportabile.



Esce in questi giorni “L’amore è un algoritmo borghese”, il primo album de La Badante. Si tratta di un misterioso progetto dietro il quale si nasconde un cantante (o una band) che ha scelto di proporre otto brani dal repertorio di Fangoria tradotti in italiano. Il nome ironico del progetto porta a pensare che non sui tratti di un gruppo di ragazzini, ma maturi professionisti lanciati nell’impresa eroica di portare un’eco di quell’universo camp iberico anche da noi. E basterebbe il titolo dell’album per capire che non ci troviamo in territori concettuali da Alessandra Amoroso o Giorgia. 
La scelta dell’anonimato è confermata dai tre videoclip dai primi singoli tratti dal disco. 
Il primo “Parole d’amore” (adattamento italiano del grande singolo “Retorciendo palabras”) vede nientemeno che lo scrittore Aldo Busi in veste di “ragazzo” immagine che presta il proprio volto all’operazione musicale (esibendosi in un perfetto lipsync, gli va riconosciuto).



Il secondo clip, “Praticamente incosciente” (dal singolo spagnolo “Eternamente innocente”), è un’opera del videoartista Genny Ferlopez, che ha condensato in tre frenetici minuti “Grey Gardens”, lo storico documentario HBO sulla zia e la cugina pazze di Jackie Kennedy, un cult assoluto in ambito camp. 



L’ultimo in ordine di uscita è “Geometria polisentimentale” (dall’omonimo singolo spagnolo), accompagnato da immagini omoerotiche tratte da video ginnici americani degli ‘40/’50, i cosiddetti “Beefcake”, perfetto esempio di sublimazione artistica, riviste e filmati rivolti a un pubblico omosessuale che mostravano culturisti in slip che si esibivano in scene di lotta: quanto di più vicino possibile a un amplesso fra uomini senza cadere nell’illegalità.



La Bandante dunque si diletta ad aggiungere una ridda di riferimenti culturali ed estetici a una base già di per sé ridondante di significati e provocazioni.

Se dovessi ipotizzare le reazioni del pubblico italiano di fronte a un simile progetto direi che si dividerà in due: quelli che ameranno La Badante e quelli che, semplicemente, non la capiranno. 

venerdì 25 maggio 2018

ORFANI DI SHEELA


Ogni tanto succede che un libro, un film o una serie tv suscitino un dibattito che ha l’aria di essere onnipresente e collettivo (all’improvviso ti sembra che ne parlino tutti e ovunque). In questi ultimi mesi è il caso senza dubbio di “Wild wild country”, documentario in sei puntate di Netflix legato alla fondazione di Rajneeshpram, la gigantesca comune che i discepoli di Bhagwan Shree Rajneesh, meglio noto come Osho, avevano aperto nel 1981 in Oregon. La serie tv, più appassionante e imprevedibile di una fiction, benché basata unicamente su materiali di repertorio e interviste, metteva in luce soprattutto il ruolo centrale giocato da Ma Anad Sheela, la segretaria personale di Osho e vero motore primo dell’intera vicenda Rajneeshapuram, dalla sua nascita alla sua distruzione. Sfrontata, magnetica, arguta, inattaccabile, al contempo diabolica e angelica, Sheela è un personaggio degno di Dostoevskji, che esce dallo schermo per imprimersi a fuoco nella memoria dello spettatore 
Il documentario racconta in maniera egregia una storia che però è talmente surreale e sbalorditiva da lasciare nel pubblico una scia di curiosità e domande. Al termine della visione quelle sei ore appaiono persino poche, ne vorremmo altre due, quattro, dieci. Vorremmo saperne di più sulle tante questioni che solleva, sulla fine che hanno fatto i vari protagonisti e, soprattutto, inutile dirlo, sulla figura enigmatica e meravigliosa di Sheela.
Quasi rispondendo in maniera subliminale a questo desiderio collettivo, la giornalista Roberta Lippi ha fatto ciò che quasi tutti noi orfani della serie speravamo che qualcuno facesse: ha letto articoli, libri, interviste, ha visto video e documenti presenti on line, alla ricerca di queste risposte. L’ha fatto per quella che considerava un’ossessione personale, ma che in seguito ha scoperto essere ampiamente condivisa. Così ha deciso di trasformare la sua indagine privata in un documento pubblico, realizzando un e-book che è la manna dal cielo per tutti coloro che vogliono saperne ancora. Intitolato “Wild Wild Sheela” il libro raccoglie in 100 punti gran parte delle domande che sono rimaste inevase nel documentario. 
Una lettura compulsiva che ha tutto il sapore del perfetto guilty pleasure e che permette di chiudere il capitolo su Rajneeshpuram con qualche certezza in più. Lo trovate su IBS.




martedì 27 febbraio 2018

DIVENTARE LETTORI DEL MONDO



Fra Stati Uniti e Regno Unito circolano decine di splendide riviste letterarie (“McSweeney’s”, “GRANTA”, “The New Yorker”, “The Paris Review”,…), che la quasi totalità del pubblico italiano ignora perché già è poco avvezzo al mondo delle riviste di narrativa, figuriamoci poi se sono in lingua. Per sopperire in parte a questa lacuna ogni tanto vengono pubblicate da noi delle raccolte che ne offrono il “best of”, ma ovviamente un’antologia compilativa non offre la stessa esperienza dei numeri originali.
Per questo sono rimasto sbalordito quando ho saputo che una piccola casa editrice italiana ha scelto di tradurre per intero un numero della rivista letteraria “Freeman’s”. Il merito va alla toscana Black Coffee (il cui giovane catalogo già comprende romanzi davvero interessanti), che non solo l’ha pubblicato ma lo distribuisce in libreria al prezzo contenuto di soli 12 euro col titolo di “Freeman’s – Scrittori dal futuro”.
Come il nome dichiara esplicitamente, si tratta della creatura dell’editor John Freeman, che dopo essere stato per anni a capo di un’altra rivista inglese (la storica “GRANTA”), ha deciso di aprire la propria testata personale. In genere le riviste hanno un focus locale, presentando i nomi più interessanti del proprio paese. Lo sguardo di Freeman invece è aperto verso l’intero pianeta, grazie anche alla collaborazione e alla segnalazione di operatori dell’editoria incontrati in giro per fiere e manifestazioni a ogni latitudine. Il risultato è una raccolta davvero variegata, con racconti provenienti tanto dall’Inghilterra o dagli Usa, quanto dalla Turchia, dalla Norvegia, dalla Cina o dall’India.
L’intento del curatore è proprio quello di spingere il lettore a diventare cosmopolita. E per spiegare cosa intenda nell’introduzione al libro cita una conferenza della scrittrice Aminatta Forma tenutasi a Georgetown, durante la quale l’autrice ha detto: “Cosmopolita è chi possiede, o si è creato, più di un modo di vedere le cose, qualcuno la cui prospettiva non sia circoscritta ai confini dati dai valori di un’unica cultura nazionale. Cosmopoliti si può nascere, diventare o essere costretti a essere”. E Freeman aggiunge: “Pensateci: il migrante è cosmopolita, il rifugiato è cosmopolita, chiunque viva fra due o più luoghi, e quindi comprenda la complessa situazione in cui costoro si trovano, è cosmopolita. Che splendido concetto, specialmente in un’epoca in cui i governi basano la propria politica sulla crudeltà costituzionale e sull’assunto per cui alcuni individui in sostanza valgono più degli altri”. Poi, poche righe più sotto: “È possibile combattere attraverso le nostre scelte di lettura? A mio parere sì, e possiamo farlo senza perdere il gusto di leggere. È sufficiente tornare a considerarla come un’esperienza più ampia, quella da cui in così tanti siamo partiti: la lettura come viatico per la sorpresa, per la gioia, la complessità e la meraviglia, non come mappa immaginaria di ciò che sappiamo già”.
Riscoprire la lettura come atto politico, di presa di consapevolezza e di maturazione personale, mi pare già un motivo più che esaltante per avvicinarsi a questa rivista (l’entusiasmo e la chiarezza di visione che emergono da questa introduzione la rendono una delle più incisive che abbia trovato in un’antologia). 
Nelle raccolte è normale trovare pezzi più convincenti (o più vicini al nostro gusto) di altri, ma una cosa appare evidente leggendo la trentina di testi raccolti in “Freeman’s – Scrittori dal futuro”: che il livello letterario è mediamente notevole.
Da parte mia non posso fare a meno di segnalare almeno due fenomenali racconti.
“Un uomo sfortunato” dell’argentina Samanta Schweblin, una storia che si muove nel delicatissimo confine fra attenzione verso i bambini e pedofilia, dove è difficile stabilire se la morbosità risieda negli occhi del lettore o nell’ambiguo personaggio del titolo. Un equilibrio narrativo magistrale. (Il racconto è valso all’autrice un prestigioso premio letterario in patria ed è facile capirne perché).
“Il liberatore” dell’americana Tania James è forse il racconto migliore che abbia letto negli ultimi cinque anni: un testo nel quale il punto di vista muta di continuo, facendo dipanare la vicenda secondo prospettive sempre diverse, mostrando al lettore come ognuno dei personaggi coinvolti nella storia l’abbia vissuta in modo differente. Una vicenda che inizia banale, diventa tragica, poi compassionevole, attraversando lo spettro delle emozioni umane di chi viene toccato. 
Un racconto assolutamente perfetto.  


N.B. Il magazine on line “Il tascabile” proprio questa settimana ha pubblicato l’introduzione integrale di John Freeman. Se volete leggerla la trovate qui








giovedì 21 dicembre 2017

COSA LEGGO IN QUESTE VACANZE?

Durante tutto l’anno ho consigliato i libri che ho trovato più interessanti fra quelli che ho letto. Lo faccio anche in occasione delle imminenti vacanze natalizie, anche se i testi che consiglio di natalizio hanno ben poco. In coda a questi suggerimenti trovate anche il link a quelli che ho già consigliato in precedenza. Auguri e buone letture!



James St. James - Party monster
(Trad. di Sara Sedehi)
Baldini & Castoldi, euro 19

Ormai avevo perso le speranze, invece dopo quasi vent’anni dalla sua pubblicazione originale (negli USA è uscito nel 1999), arriva finalmente anche da noi questo libro incredibile, che si legge come un romanzo di humor nero ma che è una storia del tutto reale.
James St. James insieme a Michael Alig formava il nucleo dei “Club Kidz”, gruppo di ragazzi che tra la fine degli anni ’80 e l’inizio dei ’90 erano i protagonisti (e in seguito anche gli organizzatori) dei party più folli e leggendari delle discoteche di Manhattan. Vere e proprie star della scena dance newyorchese, i due vivevano una vita di eccessi e sregolatezze culminate in un tragico evento quando Alig, completamente strafatto, ha ucciso l’amico e pusher “Angel” Melendez, gettandone poi il cadavere nel fiume Hudson. 
Uscito originariamente col titolo “Disco bloodbath” (mattanza in discoteca), il libro (che ha avuto un grande successo e svariate ristampe in America) è stato poi intitolato “Party moster” come il film che ne è stato tratto con Marilyn Manson, Cloë Savigny e un emaciatissimo e spiritato Macauley Culkin nel ruolo di Alig. 
Un libro furibondo, di una cattiveria spesso esilarante, un sulfureo mix di camp e noir, scatenato e fuori dai binari esattamente come le feste che racconta. 
Strepitoso. 



Colson Whitehead - “La ferrovia sotterranea”
(Trad. di Martina Testa)
Edizioni SUR, 20 euro

È il romanzo che quest’anno si è aggiudicato sia il premio Pulitzer che il National Book Award, ossia i due principali premi letterari statunitensi, e la traduzione di Martina Testa è stata recentemente citata dal Corriere della sera come la migliore dell’anno in Italia. Direi che sono già elementi sufficienti per consigliarne la lettura. 
Il libro ripercorre il periodo più cupo e violento della schiavitù in America. Ambientato nella Georgia dei primi ‘800, racconta le vicende di Cora, una giovane schiava che nel corso della sua vita subisce ogni forma di angheria e assiste a scene di una ferocia inaudita nei confronti di familiari e conoscenti. Sebbene le condizioni nelle quali erano costretti a vivere gli schiavi sono raccontate con dovizia di particolari spesso agghiaccianti, il libro si fonda su un’invenzione letteraria fantastica: l’esistenza di una rete ferroviaria segreta e sotterranea attraverso la quale i neri venivano trasportati in stati dove la schiavitù era stata abolita e resi di nuovo liberi. Nella realtà, la “ferrovia sotterranea” era la rete segreta di abolizionisti che aiutavano gli schiavi a fuggire e che solo in alcuni tratti utilizzava i binari ferroviari. Mischiando la verità storica più cruda e la finzione letteraria più poetica Whitethead ha scritto un libro appassionante e carico di umanità.  



Nadja Spiegelman - “Dovrei proteggerti da tutto questo”
(Trad. di Tiziana Lo Porto)
Edizioni Clichy, 17 euro

Anche chi frequenta poco il mondo dei fumetti avrà comunque sfogliato o sentito parlare di “Maus” di Art Spiegelman, ormai un classico della letteratura contemporanea, una storia ambientata in un lager nazista nella quale i protagonisti hanno sembianze animali (gli ebrei sono rappresentati in forma di topi, da qui il titolo del graphic novel).  
Nadja è la figlia di Art, ma in questo suo romanzo autobiografico il padre è quasi assente: il libro è totalmente incentrato sul rapporto della ragazza con la madre e la nonna. E si tratta di una relazione assai complessa e stratificata. 
La madre, Francoise Mouly, è una donna elegante, anticonformista, volitiva e capace tanto di clamorosi gesti d’affetto quanto di dimostrazioni di freddezza assoluta. Direttrice di una casa editrice di libri per bambini e storica curatrice delle copertine del New Yorker, è per Nadja sia un modello da ammirare che una sfinge con la quale scontrarsi di continuo. 
Il progetto di Nadja di scrivere un libro su di lei e su Josée, sua madre, è un modo per avvicinarla e arrivare a scoprirla nei suoi lati più intimi. 
L’autrice ripercorre sia la propria adolescenza che quella di Francoise e Josée, alternandole nella narrazione e costruendo un affresco intergenerazionale di grande efficacia. 
Uno dei memoir più interessanti apparso negli ultimi anni. 



Chris Offutt - “Nelle terre di nessuno”
(Trad. di Roberto Serrai)
minimm fax, 17 euro

Questa è una interpretazione del tutto personale e non ho trovato riferimenti simili in nessuna recensione, però leggendo questo bel libro di racconti di Chris Offutt ho avuto la netta sensazione che fosse un perfetto contraltare alle storie di Kent Haruff. Mi spiego: se Haruff racconta la vita della provincia rurale americana in una chiave pacata e lirica, nella quale i rapporti e i sentimenti si rivelano nelle sfumature, Offutt parla di una provincia ancora più remota e selvaggia (il Kentuky del nord), dove l’isolamento geografico e il predominio della natura rendono le figure e le azioni assai più aspre e violente. In questi nove racconti, che rappresentano il debutto dell’autore (di cui minimum fax si appresta a pubblicare anche il resto della produzione letteraria), i protagonisti devono affrontare varie forme di brutalità: da quella psicologica (la pressione sociale che deve subire un giovane solo perché ha il desiderio di studiare) a quella fisica (la caccia e lo scontro con un orso selvaggio che ha assalito una madre, uccidendone l’infante che portava in spalla). Offutt mette in scena istantanee di vita che (come nel caso di Haruff appunto) finiscono per disegnare l’affresco di un’intera comunità, ruvida e remota, raccontata con una partecipazione e una comprensione ammirevoli. 



Amy Fusselman - “Il medico della nave / 8”
(Trad. di Leonardo Taiuti)
Black Coffee edizioni, euro 13

Da alcuni anni chi segue le mie recensioni lo sa, ho sviluppato una vera e propria passione per i libri composti da frammenti. Non poteva quindi sfuggirmi l’uscita in Italia di questa curiosa e personalissima opera di Amy Fusselman, autrice americana nota per i suoi testi apparsi su McSweeney’s e altre celebri riviste.
Si tratta di due testi brevi riuniti in un unico volume. Difficile però definirne il genere: memoir? saggio? racconto autobiografico? Per rendervi l’idea dirò che sono libere riflessioni dell’autrice su due temi forti e di natura intima.
Il primo si intitola “Il medico della nave” e riguarda un momento particolare della vita della Fusselman, ossia la scomparsa del padre avvenuta in concomitanza alla sua scoperta di essere incinta. Morte e nascita arrivano dunque a coincidere e sovrapporsi, spingendo la scrittrice ad analizzare i propri sentimenti verso il genitore perduto e verso il bambino che tiene in grembo. Alternate alle sue riflessioni ci sono stralci del diario del padre, un medico che durante la seconda guerra mondiale prestava servizio su una nave militare. Passato, presente e futuro arrivano a sfiorarsi e confondersi in un unico, rigoglioso flusso.
Il secondo testo, “8”, riguarda una tematica ancora più intima e delicata, gli abusi che l’autrice ha subito da bambina da parte di un vicino di casa, amico dei genitori, del tutto inconsapevoli dei suoi comportamenti in loro assenza. Fusselman cerco di capire quanto questo trauma abbia segnato la sua vita adulta, mettendolo in relazione con gli aspetti quotidiani della sua esistenza: incontrare una celebre popstar per strada, educare il suo bambino a dormire da solo, prendere lezioni per imparare a guidare una moto, collaborare alla messa in scena di un testo teatrale e cosi via.
Fusselman ha una scrittura limpida e lieve, molto affettuosa (nei confronti del padre, del marito, del figlio e, quando serve, anche verso se stessa), non di rado umoristica. Uno stile misurato e assai contemporaneo, verrebbe da dire, malgrado la gravita dei temi trattati.

Il libro è pubblicato dalla giovane casa editrice Black Coffee, interamente gestita da una coppia di giovani appassionati fiorentini, un altro validissimo motivo per consigliare questo testo.

Di altri libri usciti nel 2017 ho parlato qui:

http://matteobblog.blogspot.it/2017/10/3-libri-italiani.html

http://matteobblog.blogspot.it/2017/07/cosa-leggo-questestate.html

http://matteobblog.blogspot.it/2017/04/la-rockstar-paziente.html

http://matteobblog.blogspot.it/2017/03/libri-da-leggere-2-khemiri.html

http://matteobblog.blogspot.it/2017/03/libri-da-leggere-1-ciabatti.html

http://matteobblog.blogspot.it/2017/01/una-lettura-non-come-tante.html


mercoledì 15 novembre 2017

DOMENICA SUPERSONICA

Questa domenica, 19 novembre, come un supereroe parteciperò a tre incontri letterari in due città diverse. 
Si comincia domenica mattina alla Colazione con l'autore al festival Scrittorincittà di Cuneo, dove presenterò "Maria accanto". Nel pomeriggio, a Milano, per la rassegna Bookcity, alle 16.30 intervisterò l'amico Peter Cameron sulle sue passioni (letterarie e non) e alle 20, insieme a Jacopo Cirillo, Marco Rossari e Gianmario Pilo, anticiperò qualcosa sul libro di Yoko Ono che sto scrivendo in un appuntamento dedicato alla collana "Incendi" dell'editore ADD.
Ci vediamo (tre volte) lì. 


Ecco i dettagli:




CUNEO - Festival "Scrittorincittà"



Ore 9

Presentazione di "Maria accanto"
Con Raffaele Riba
"Book & Breakfast"
Open Baladin
piazza Foro Boario


MILANO - "BookCity"



Ore 16.30

"Un giorno queste passioni ti saranno utili"
Dialogo con Peter Cameron
Auditorium
Mudec - Museo delle culture
via Tortona, 56


Ore 20

"Incendi. La passione per la musica"
Con Jacopo Cirilli, Marco Rossari e Gianmario Pilo
Teatro Dal Verme
via Giovanni sul muro, 2










sabato 14 ottobre 2017

THE BIG ’tina WEEKEND


Nella prima settimana di ottobre è apparso sul sito de Il libraio un articolo sulle riviste letterarie indipendenti italiane. Tra le varie pubblicazioni analizzate c’era anche ’tina, che è stata presentata con parole più che lusinghiere. 

Una menzione speciale, poi, va necessariamente a ’tina, la “rivistina” che lo scrittore Matteo B Bianchi produce con tempistiche e grafiche totalmente anarchiche dal lontano 1996’tina è la mecca delle riviste letterarie indipendenti, il luogo d’elezione a cui tutti i giovani scrittori che si muovono nell’underground aspirano più o meno segretamente.

Per una felice coincidenza il nuovo numero della rivista è arrivato dallo stampatore poche ore dopo la comparsa di questo articolo. 
Il numero 31 è stato lanciato venerdì 13 con un aperitivo molto affollato al Secco di Milano, ma il weekend di ’tina non finisce qui. La rassegna letteraria Milano Dentro/Fuori ospita periodicamente scrittori che leggono testi ambientati nella città di Milano e ogni volta ha una rivista letteraria come nome tutelare dell’appuntamento. La serata del 15 ottobre sarà tutta al femminile e avrà come ospiti autrici quali Antonella Lattanzi, Daria Bignardi, Ilaria Bernardini, Susanna Bissoli e Cristiana Pettinari. La rivista ospite sarà proprio ’tina (sulla quale hanno già pubblicato ben tre di queste scrittrici su cinque!).
L’appuntamento è alla libreria Gogol & Company, in via Savona 101, alle 19.

Ci vediamo lì. 





martedì 10 ottobre 2017

‘tina n.31!

Finalmente è arrivato il nuovo numero di ’tina.
Anche se gli intervalli di uscita sono molto irregolari questa è la prima volta che trascorrono più di due anni tra il numero e il precedente. Diverse circostanze hanno contribuito a questo clamoroso ritardo (non ultima il fatto che io abbia pubblicato due libri nel frattempo, con tutto il carico di lavoro e l’impegno di presentazioni che comporta), ma eccoci di nuovo qui.
Dopo un numero formato micro e uno formato macro, ’tina n.31 si presenta sotto forma di libro standard. Un piccolo tascabile di 52 pagine. 
L’altra grande novità è che l’intero numero (e anche questa è una prima volta) è graficato, impaginato e illustrato da un unico autore, cioè Andrea Bozzo, che ha creato sia l’immagine di copertina sia quelle a tutta pagina che accompagnano ciascuno dei racconti. Anche questo lavoro ha richiesto parecchio tempo, ma il risultato finale è un gioiellino.
I racconti contenuti (come da tradizione) sono cinque: un inedito di Ginevra Lamberti (autrice del delizioso romanzo “La questione più che altro”), due esordienti di grande talento (Roberto Camurri e Federico Gironi) e un autore già noto a chi frequenta le riviste italiane (Michele Crescenzo, col suo racconto più bello) e infine, altro primato nella storia di ’tina, una raccolta di frammenti tratti da un romanzo (l’inedito “Cadere” di Andrea Meli). Un menu assai variegato. 

’tina n.31 è stampato in soli 150 esemplari, firmati e numerati. L’edizione è unica e non ci saranno ristampe. 
Il numero verrà lanciato questo venerdì 13 ottobre alle ore 19 presso, Il Secco, via Angelo Fumagalli 2, sui Navigli, a Milano. 

Non potete non venire. 


Per info e richieste potete scrivermi a tina@matteobb.com 

giovedì 14 settembre 2017

UN RACCONTO IN A4

Una delle mie riviste letterarie italiane preferite è senza dubbio “A4”, creata dallo scrittore siciliano Stefano Amato (già inventore del geniale blog “L’apprendista libraio”). La rivista si basa su un concetto tanto semplice quanto innovativo: pubblicare un solo racconto a numero, in un foglio fronte e retro che il lettore può stamparsi da casa e collezionare. 
Sin dal suo esordio avevo promesso a Stefano che avrei contribuito anche io con un mio testo e il momento è finalmente arrivato. Il racconto si intitola “Cose che succedono quando uno sta diventando grande” e il caso vuole che coincida con la decima uscita di “A4”. Per festeggiare questo primo traguardo, la rivista ha messo on line sia il mio racconto che uno speciale raccoglitore, anche questo da stampare in maniera autonoma, per custodire tutti i numeri usciti finora. 

Trovate tutte queste belle cose qui


venerdì 21 luglio 2017

COSA LEGGO QUEST’ESTATE?

Alcune proposte di lettura.


Nickolas Butler
Il cuore degli uomini
(trad. di Claudia Durastanti)
Marsilio 

Se vi dicessi che questo è un romanzo sui boy-scouts scappereste a gambe levate, ma del resto la copertina lo suggerisce in maniera piuttosto evidente, quindi inutile tentare di nasconderlo. Il libro in effetti racconta la storia di tre uomini i cui destini sono legati a un campo scout. Tre uomini raccontati in vari momenti della loro vita (adolescenti sfigati o troppo idealisti, adulti cinici e tendenti all’alcolismo, anziani saggi e divenuti più comprensivi con l’esperienza). Butler, a mio avviso, in questo secondo romanzo è riuscito proprio laddove era stato debole nel suo esordio (il tanto decantato “Shotgun lovesongs”): se nel primo romanzo i personaggi mi erano parsi tutti bidimensionali (i buoni insopportabilmente buoni, gli innamoramenti delle medie che duravano tutta la vita, le star che rifiutavano il successo mondiale perché incapaci di dimenticare il paesino dove sono cresciuti...), in questo secondo sono estremamente sfaccettati, capaci di grandi eroismi quanto di atti di codardia, sprezzanti verso i figli ma allo stesso tempo gelosi della loro innocenza, alla fine dei conti tutti fragili e dannatamente umani. In una parola, veri. 



Daniela Mazzoli
Sarò strana io
Quodlibet

Da anni nutro una particolare predilezione per i libri in forma di frammenti: pensieri, annotazioni, brevi prose, aforismi. Un genere letterario frequentato raramente e giusto da qualche autore sperimentale americano (come la geniale Jenny Offill). Scoprire che un’esordiente italiana si è cimentata nella medesima impresa non poteva che entusiasmarmi. “Sarò strana io” è una sorta di romanzo ridotto a brandelli, una raccolta di riflessioni della protagonista sulla sua vita, il suo lavoro, la sua famiglia e soprattutto sugli uomini per i quali perde la testa. Il tutto all’insegna di un’ironia sferzante e assai efficace. 

“Quasi sempre si capisce subito di cosa ci si pentirà”

“Ho una soglia del dolore così alta che non riesco a raggiungerla”

“La telepatia non è una scienza esatta; tutte le sere io pensavo «chiama, chiama, chiama». Ma lui non chiamava”

“Ogni tanto qualcuno dovrebbe passare a venderti Coca e popocorn con il banchetto al collo, mentre stai vivendo”

“Non siamo soli nell’universo, siamo soli nel condominio”

“Certe volte uno preferisce avere torto, pur di avere qualcosa”

Questi sono solo alcuni esempi dello stile di questo anomalo libro, ideale per essere letto anche a piccoli sorsi, ripreso e abbandonato a piacere, senza perderne il senso. Un testo perfetto, per dire, per i tragitti brevi in bus e in metropolitana. Come un breviario moderno, nel quale ogni tanto (spesso) riconoscersi con un sorriso. 



Theodore Sturgeon
Godboy
(trad. di Martina Sirka Mosur)
Atlandide

La casa editrice Atlantide è una delle più curiose realtà del panorama letterario italiano: produce infatti solo libri a tiratura numerata e limitata (di ogni titolo stampano 999 copie: esaurite quelle non ci sono altre ristampe), in volumi eleganti e molto curati. Una specie di Adelphi in chiave punk. Fra gli ultimi libri pubblicati, merita senza dubbio una segnalazione questo straordinario romanzo, uscito negli USA nel 1986 e mai tradotto prima  in Italia a causa del suo scandaloso contenuto. Si tratta dell’ultima opera di Theodore Sturgeon, autore di culto amato fra gli altri anche da Stephen King e Kurt Vonnegut, il cui titolo “Godbody” (corpo di Dio) già si presenta come fin troppo allusivo. È la storia di una piccola comunità della provincia americana nella quale fa la comparsa un essere misterioso, un uomo bellissimo e dall’aria innocente e irresistibile. Tutti coloro che lo incontrano, uomini e donne, incluso il pastore del paese, ne saranno profondamente cambiati, alcuni anche attraverso il congiungimento carnale con lui, in un’esperienza che ha poco del fisico e molto del trascendentale. 
Un romanzo che può essere letto tanto come sacrilego quanto come estremamente poetico e illuminante. Qualsiasi sia la vostra interpretazione, resterà uno dei libri più originali che vi sarà capitato di leggere.



Garth Greenwell
Tutto ciò che ti appartiene
(Trad. di Matteo Colombo)
Mondadori

Vincitore del British Book Award, finalista in una serie infinita di premi, inserito fra i 10 migliori libri dell’anno dal New York Times, il debutto di Garth Greenwell è un romanzo a tematica gay che esce dai contorni rassicuranti e familiari nei quali molta letteratura di genere oggi è (auto-) confinata, per toccare ambiti decisamente più sconvenienti e conturbanti. Storia di un insegnante americano (mai nominato nel testo) che vive e lavora in Bulgaria e che un pomeriggio, in un bagno pubblico deputato a un certo tipo di contatti fugaci, conosce Mitko, giovane e sfrontato prostituto che finirà per essere una presenza significativa nella sua vita. L’incontro scatena nel professore una serie di riflessioni, sul proprio passato, sui conflitti coi genitori, sulla natura dei suoi desideri, su ciò che lo appaga realmente e su ciò che lo spaventa. L’acutezza dell’analisi di Greenwell sulle emozioni profonde del suo protagonista è la vera forza di questo romanzo. Le pagine centrali che rievocano l’evoluzione del rapporto col padre, dalla complicità dell’infanzia allo spietato rifiuto dell’età adulta, sono davvero toccanti. 



Miriam Towes
Un complicato atto d’amore
(Trad. di Monica Pareschi)
Marcos y Marcos

Cosa significa nascere e crescere all’interno di una rigida comunità religiosa? Miriam Towes, autrice canadese, lo racconta in questo suo terzo romanzo. 
La protagonista è Nomi, una ragazza adolescente rimasta a vivere col padre, ortodosso ma arrendevole, dopo che sia la madre che la sorella maggiore sono fuggite lasciandoli soli.
La forza del libro sta tutta nel punto di vista della sua giovane protagonista: Nomi, che rimane in comunità solo in attesa che sua madre e sua sorella facciano ritorno, cerca di trovare mezzi per fare le esperienze che sente di dover fare, vive come assurde le regole che gli adulti seguono senza sognarsi di mettere in discussione e accoglie con sincero sbalordimento gli insegnamenti delle persone più oltranziste che si trova attorno, a cominciare da “la Bocca”, suo zio, nonché capo spirituale della comunità. 
Un libro semi-autobiografico che sceglie la strada dell’ironia quando altri avrebbero adottato quella della denuncia e ci regala il ritratto di una ragazzina fragile, coraggiosa e soprattutto molto divertente. 



Sandro Campani
Il giro del miele
Einaudi

Ci sono libri che sembrano collocarsi fuori dal tempo, le cui storie sembrano appartenere tanto all’oggi quanto al secolo scorso, e in fondo non farebbe tanta differenza.
Due amici si trovano una sera d’inverno in un paesino sulle colline tosco-emiliane. Uno Giampiero, falegname di mezza età, l’altro è Davide, il figlio del suo datore di lavoro, che ha tenuto sulle ginocchia quando era piccolo e che ha visto crescere e farsi uomo. Con i legni nel camino che crepitano e una bottiglia di grappa sul tavolo da condividere, i due passano la notte a confidarsi: le gioie della vita, gli errori del passato, le ferite che non possono più essere ricucite. 
Un romanzo dall’andamento lento e dall’atmosfera calda, scritto con una lingua tanto nostrana quanto efficace, in grado di dare al lettore l’impressione di essere lì presente, insieme ai due amici e di ascoltare le loro confidenze. Una lettura dal ritmo rilassato, notturno, che alcuni potrebbero trovare eccessivamente rarefatta e concentrica, mentre altri di una piacevolezza rara. 



Johnny Marr
Set the boy free
(trad. di Anna Mioni)
BigSur


Poiché l’autobiografia di Morrissey non uscirà mai in italiano (e neanche in nessun’altra traduzione, dal momento che l0 stesso autore ne ha bloccato la cessione dei diritti, assecondando un’altra delle sue innumerevoli paranoie), finalmente con l’uscita di quella di Johnny Marr, i fan nostrani degli Smiths arrivano a sentire la verità sulla loro separazione dalla voce di uno dei diretti protagonisti. E si sorprenderanno di scoprire che Marr scrive bene: queste oltre 400 pagine di memorie scorrono via con estrema piacevolezza. Il chitarrista del gruppo rock inglese forse più influente degli ultimi 40 anni racconta la sua storia dall’infanzia trascorsa all’interno di una famiglia che assomigliava più a una tribù fino alle collaborazioni coi più grandi musicisti del mondo, Beatles e Rolling Stones inclusi. E fa intuire che lo scioglimento degli Smiths è stato inaspettato e doloroso per lui quasi quanto lo sia stato per le migliaia di fan sparsi sul pianeta. Il che è una parziale consolazione: se non ha potuto far niente lui, allora era davvero qualcosa di inevitabile.

Resta poi inteso che dovete leggere “Una vita come tante” se non l'avete ancora fatto. Del resto quando trovate il tempo di leggervi mille pagine se non d’estate?

martedì 11 luglio 2017

McSWEENEY’S BIG MISTERY

Chi segue questo blog sa bene quanto sia appassionato (ok, usiamo pure l’espressione fanatico) di riviste letterarie. Ne parlo di continuo, tanto on line quanto negli incontri in libreria o nelle lezioni nelle scuole di scrittura creativa che mi capita di tenere. Le illustro, promuovo, le esalto. Fra le innumerevoli riviste letterarie presenti sul mercato mondiale non ho mai fatto mistero di quanto la mia preferita sia “McSweeney’s”, fondata a San Francisco nel 1998 dallo scrittore Dave Eggers. È l’unica rivista della quale possieda l’intera collezione, dal numero 1 all’ultimo, orgogliosamente esposti nella mia libreria, come testimonia questa foto. 



Il nome per esteso della rivista in origine era “Timothy McSweeney’s Quarterly Concern”, ossia “Le preoccupazioni quadrimestrali di Timothy McSweeney”. Un titolo assurdo, che si rifaceva alla figura di un presunto corteggiatore della madre di Eggers che per anni ha scritto lettere affettuose alla donna prima di scomparire, rimanendo però una sorta di nome mitologico per i membri della famiglia. 
Come il suo ispiratore col tempo anche i riferimenti a Timothy McSweeney scomparvero dalla rivista, universalmente conosciuta ormai col semplice nome di “McSweeney’s”. 
Le caratteristiche principali del periodico sono due: da un lato la qualità altissima dei contenuti (le firme più illustri della narrativa americana hanno pubblicato inediti sulle sue pagine, dove hanno esordito anche alcuni degli autori emergenti più interessanti), dall’altro la creatività massima dei suoi formati. Alternando in genere un’uscita in versione libro tradizionale con un’altra dall’aspetto imprevedibile, nel corso del tempo McSweeney’s ha prodotto (fra gli altri) numeri in forma di quotidiano, di contenitore di quaderni, di finto beauty-case, di quadro da appendere alla parete, di cubo tridimensionale e di pacco di posta (con racconti inseriti in finti cataloghi o dentro buste da lettera).
Motivi per adorarlo dunque da parte dei lettori ce ne sono parecchi. 
Malgrado si definisca quadrimestrale, McSweeney’s col tempo ha abituato i suoi lettori a subire diversi ritardi. Chiunque si occupi di riviste indipendenti sa bene come sia difficile rispettare i tempi prefissati, soprattutto per una pubblicazione composta interamente di racconti e che quindi deve sottostare alle promesse di consegna (raramente mantenute) degli scrittori coinvolti. Lo slittamento di un paio di mesi o più presto diventa la norma. Eppure tre anni fa è successo qualcosa di più grave e misterioso. Dopo la pubblicazione del numero 48 (nell’agosto del 2014), la redazione ha cominciato ad anticipare che erano in già corso i lavori per il numero che avrebbe segnato una tappa storica per la rivista, il numero 50. Il comunicato non forniva molti elementi ma lasciava intuire che stavano pensando in grande. Per i lettori più fedeli, abituati a ogni forma di follia cartotecnica, era logico attendersi un’edizione spettacolare. Contestualmente la redazione annunciava anche i contenuti dell’imminente nuovo numero, il 49. Sarebbe stato un volume interamente dedicato al concetto di “cover”: gli scrittori coinvolti avrebbero riscritto a modo loro alcuni racconti celebri e a il numero avrebbe avuto l’aspetto di un vinile a 33 giri. Veniva addirittura anticipata la copertina del disco, nel tipico formato quadrato degli LP. 

Poi, il nulla.

Di mesi ne passano quattro, sei, otto, intanto, per la prima volta nella storia della rivista, appare una raccolta fondi attraverso il portale Kickstarter per finanziarne la stampa. I  lettori più affezionati partecipano felici, ma col passare dei mesi cominciano a lasciare commenti di protesta: l’attesa non è più di mesi, stanno passando anni. Nessuno si premura di dare risposte o spiegazioni. 
Il numero, di solito acquistabile on line anche sui abituali canali di vendita libri tipo Amazon, passa da “prenotabile” a “non prenotabile al momento”. 
Sul sito di McSweeney’s non compare una riga a riguardo. Facendo ricerche su Google non si trova praticamente niente. Un caso di omertà digitale senza precedenti. 
Trascorrono quasi tre anni. 

Ad aprile l’amico libraio dal quale solitamente acquisto il numero d’importazione mi chiama per avvisarmi che all’improvviso il volume risulta in consegna. Siamo entrambi perplessi, invece un paio di giorni dopo arriva per davvero. 
Si tratta del tanto atteso numero 49, però ci sono dei però. 
La copertina è rimasta invariata, il formato è quadrato, ma non ha le dimensioni di un LP quanto piuttosto quelle di un 45 giri. Nell’introduzione (firmata in forma generica da “I redattori”) si presentano con toni di grande entusiasmo i contenuti letterari del numero. Non un accenno al clamoroso ritardo nella pubblicazione, non un riferimento al cambio di formato e, soprattutto, nessuna anticipazione o promessa riguardo all’ormai prossimo numero 50. 
Rimane dunque un mistero insondabile.
Perché tanto ritardo? Che è successo? Che sta succedendo? Ci sarà un numero 50? Ci stanno ancora lavorando? Se si, quando uscirà? 
Domande che al momento restano prive di risposta. (Se qualcuno fra voi ha notizie al riguardo me le riferisca, grazie). 



Detto tutto ciò, il numero 49, da un punto di vista strettamente letterario, è splendido. Il concetto di cover applicato alla narrativa produce esperimenti di alto livello e di grandissimo piacere. Lo scrittore Jess Walter trasforma il celebre racconto “I morti” di James Joyce nella caduta in disgrazia di uno sceneggiatore di serie televisive a Los Angeles, la scrittrice Lauren Groff racconta da un’altra prospettiva le protagoniste del racconto “Desideri” di Grace Paley e la celebre autrice Meg Wolizter riscrive il capolavoro “Un giorno ideale per i pescibanana” di J.D. Salinger dal punto di vista di una baby-sitter. E questi sono solo alcuni esempi. 
Un numero memorabile, che se amate la letteratura e ve la cavate con l’inglese non dovreste proprio perdervi. 

Anche perché chi ci assicura che ci sarà mai un prossimo numero?