martedì 25 ottobre 2011

POI NON DITE CHE NON VI AVEVO AVVISATO


Si intitola "Il tempo è un bastardo".
L'autrice è Jennifer Egan.
Uscirà a novembre per minimum fax.
E' il romanzo più bello dell'anno. Sappiatelo.

lunedì 10 ottobre 2011

INTERVISTE CHE NON MI HANNO FATTO - 5 (Inside the Actor's Studio)


Per questa intervista devo ringraziare il mio amico americano Jim Hanks, che quando gli ho raccontato di questa rubrica del blog, mi ha suggerito di includere anche le domande fisse del programma tv "Inside the Actor's Studio", dove il conduttore James Lipton incontra i più famosi attori usciti dalla prestigiosa scuola di recitazione, gente tipo Al Pacino, Robert De Niro, Anthony Hopkins... Fra tutte le interviste che non mi saranno mai poste nella vita, questa in effetti raggiunge la vetta della più improbabile.
Qual è la tua parola preferita?
Resto fedele a quella che ho scelto per il "Dizionario affettivo della lingua italiana": moderno. Che è una parola contraddittoria, perché vuole indicare il futuro, mentre nessuno la usa quasi più. Io poi la uso anche in modo improprio, per indicare qualcosa che mi piace. Non so, se incontro un amico che indossa una t-shirt pazzesca commento: - Che moderna! -. Moderno per me è sinonimo di bello.
Qual è la parola che ti piace di meno?
Fottuto, che è un aggettivo che praticamente nessuno usa nella vita reale (mai sentito qualcuno dire: "Che fottuta giornata ieri"?), mentre nelle traduzioni di film e libri viene utilizzato di continuo.
Cosa ti stimola creativamente, spiritualmente o emotivamente?
Posso dirti per certo cosa non mi stimola: la natura. Un tramonto, un bel paesaggio, sono spettacoli che mi lasciano indifferente. Concordo con Oscar Wilde che diceva "Se la natura fosse stata comoda, l'uomo non avrebbe dovuto inventarsi l'architettura" o Andy Warhol che in un'intervista ha dichiarato: "Se sono in città e ho voglia di campagna, posso andare in un parco. Ma sono in campagna e ho voglia di città, dove vado?". Ecco, io sono urbano a questi livelli. Quello che mi emoziona veramente e che mi stimola è il lavoro creativo altrui: di carattere piango poco, ma al cinema mi commuovo tantissimo; un bel disco o un bel libro possono arrivare a esaltarmi. A volte ho le ispirazioni migliori mentre sto guardando un concerto, o uno spettacolo, e si tratta di cose che non c'entrano nulla con quello a cui sto assistendo. Intendo dire che se sto guardando un film di fantascienza non mi viene l'ispirazione per un racconto di fantascienza, ma se il film mi coinvolge in qualche modo inconscio stimola la mia creatività e comincio a pensare alle cose a cui io sto lavorando in quel momento. Per dire, il primo capitolo di "Apocalisse a domicilio" mi è venuto in mente mentre assistevo a un concerto dei Maximo Park al Rolling Stone di Milano. E, a tutta evidenza, non c'è alcuna relazione tra le due cose.
Cosa ti smorza creativamente, spiritualmente o emotivamente?
All'opposto, il brutto lavoro altrui. A volte leggo libri che trovo orrendi, che però sono esaltati dai critici sulla stampa e scalano le classifiche, allora mi deprimo e penso che sto facendo il lavoro sbagliato.
Qua è la tua parolaccia preferita?
Cazzo.
Qual è il suono o il rumore che ami di più?
Il caffè che gorgoglia nella moka.
Qual è il suono o il rumore che più detesti?
Gli allarmi che scattano d'estate nella calma della città semideserta.
Quale professione diversa dalla tua ti sarebbe piaciuto svolgere?
Prima di fare lo scrittore a tempo pieno, lavoravo come copywriter in un'agenzia di pubblicità. Immagino che avrei perseguito quella carriera.
Quale professione non avresti mai voluto svolgere?
Qualunque professione che abbia a che fare con la moda.
Se il paradiso esiste, cosa vorresti che ti dicesse Dio al tuo arrivo alle porte del cielo?
"Ti trovo in forma splendida!"

giovedì 6 ottobre 2011

AFFRONTARE IL DOLORE


Da qualche tempo avevo in mente di parlare di un libro che ho letto quest'estate e proprio in questi giorni ne è uscito un altro che tratta lo stesso tema, quindi mi viene ora spontaneo farne un discorso cumulativo. Sto parlando di due brevi romanzi italiani, "Piccolo testamento" di Gabriele Dadati (Laurana editore) e "La luce prima" di Emanuele Tonon (ISBN).




Entrambi i testi trattano il tema del lutto. Nel testo di Dadati a morire è un amico del protagonista, un compagno di lavoro che è anche, e soprattutto, un maestro. In quello di Tonon è la madre a venire a mancare. I due autori scelgono un approccio differente al tema. Il primo struttura il romanzo scegliendo la strada dell'autofiction: è facile riconoscere nella figura di Vittorio il critico d'arte Stefano Fugazza, che aveva fondato e diretto con Dadati la rivista di narrativa e arte contemporanea "Ore piccole". L'autore traforma l'elaborazione del lutto in materia narrativa e costruisce un romanzo nel quale aspetti palesemene autobiografici si alternano e confondono con elementi di finzione letteraria. Questo artificio gli permette di affrontare il soggetto con estrema lucidità: l'intera esperienza (la malattia dell'amico, la morte, il funerale, i rapporti successivi con la famiglia, le gestione dei lavori lasciati in sospeso...) viene quasi vivisezionata con uno sguardo chirurgico. Vittorio viene ritratto con i suoi pregi e i suoi difetti. Il discepolo affronta la figura del mentore, lo distrugge, ne sopravvive. Impara fare i conti con un'assenza che sa già essere incolmabile. E' un uomo che ha perso il suo doppio. E' un alunno che ora deve trovare la strada da solo. Forse, a sua volta, dovrà indicarla a qualcuno dopo di sé.

Se Dadati usa la chiave del distacco, Tonon al contrario sceglie di immergersi totalmente nel dolore, in maniera assoluta, dicharatamente autobiografica e senza possibilità di remissione. "La luce prima" è un'immensa dichiarazione d'affetto di un figlio verso la madre e il lettore non può che rimanere toccato e turbato dall'uso dei termini "amore", "amoruccio mio", con cui l'autore si rivolge alla defunta. Tonon sembra scarnificarsi sulla pagina, privo di remore o pudori racconta dei sacrifici che la donna ha dovuto fare per lui, figlio illegittimo di madre sola. Racconta della loro povertà, dell'impossibilità della donna di curarsi e di pagare le bollette, del suo rifugiarsi nella scrittura e nell'alcol, della propria incapacità, violenta, di accettarne la morte. Racconta senza nascondersi, senza risparmiarsi. Usa termini dolcissimi e parole violente, parla di amore così come di sborrate, non ci sono sfumature, è tutto assoluto.
Il modo, diverso ma altamente letterario, con cui questi due giovani autori intorno ai trent'anni affrontano il tema, la coincidenza delle loro pubblicazioni ravvicinate, sono elementi che non passano inosservati. Da più parti se ne sta parlando, spesso mettendoli a confronto, non sono certo il primo a farlo. Sono due letture non convenzionali. Possono coinvolgerci, respingerci, comuoverci, suscitare compassione o repulsione, ma non lasciarci indifferenti. Penso che per questo valga la pena affrontarle.

mercoledì 5 ottobre 2011

FANZINE MERAVIGLIA

C'è un motivo se continuo a essere affascinato dal mondo delle fanzine. Ecco una fanzine a fumetti di cui ho da poco scoperto l'esistenza (ne ho ordinata una copia pochi minuti fa). Non è una meraviglia?

martedì 4 ottobre 2011

LA QUESTIONE DELL'ANONIMATO

Sono costretto a tornare, inutilmente, su una faccenda che ho già affrontato in questo spazio. E sottolineo inutilmente perché so già che mi rivolgo a chi preferisce fingere di non capire.

Essere uno scrittore significa anche essere esposti al giudizio. Ci sono libri che possono piacere e altri no, ci sono sperimentazioni gradite al lettore e altre osteggiate, ci sono simpatie e antipatie che poco hanno a che fare con l'attività letteraria ma sono inevitabili da un punto di vista personale. Va bene tutto, lo metto in conto. In questi ultimi mesi in particolare ho pubblicato materiali assai diversi fra loro (il romanzo, i tre libretti, i racconti nelle antologie, l'intervista a Warhol), passando dal sentimentale al pop all'horror, è normale, e legittimo, che tale varietà susciti reazioni contrastanti. Io stesso vorrei che ne suscitasse.

Non mi oppongo, né mi sono mai opposto, al fatto di essere criticato. Mi oppongo al fatto che chi non perde occasione per farlo lo faccia trincerandosi dietro la comoda e vigliacca maschera dell'anonimato. Quasi sempre lascio correre, ma quando gli attacchi diventano frequenti e vistosamente mossi dal gusto di sfoggiare acidità, cominciano a infastidirmi. Ai tempi dell'uscita di "Esperimenti" qualcuno aveva riempito il blog di stroncature e commenti acidi. Con tristezza ho scoperto in seguito essere un livoroso conoscente. E io, come un cretino, avevo lasciato tutto quel fango in rete perché mi sembrava scorretto cancellare i giudizi negativi. Beh, non voglio ripetere l'esperienza. Può darsi che scriva solo cazzate, ma ci metto il mio nome e la mia faccia. Se non siete in grado di fare altrettanto, allora non c'è dialogo.

In Rete è fin troppo facile colpire anonimamente. Conosco scrittori che si sono visti costretti a togliere dai loro blog l'uso dei commenti. Non è il mio caso, ma tanto per dimostrare quanto la questione sia delicata e diffusa.

Quindi, per l'ultima volta, ribadisco: se certi commenti spariscono, non è perché sono giudizi negativi, ma perché detesto chi lancia il sasso e nasconde la mano.

Si chiama "rispetto". Cerca sul vocabolario.