lunedì 31 gennaio 2011

SINONIMI CREATIVI DI "ESCORT"


Una volta ero in treno e stavo andando a Roma. Era tardo pomeriggio, d'inverno, fuori c'era già scuro. All'altezza di Parma è salito un gruppo di siciliani. Tutti uomini, una quindicina. Erano operai che lavoravano insieme e stavano tornando a casa. A Bologna sono salite sul nostro vagone quattro donne di colore, truccate, con gonne corte e giubbini dai colori sgargianti. Evidentemente prostitute nigeriane. Al loro arrivo due siciliani seduti davanti a me si sono dati di gomito. Uno ha detto all'altro: - Sono arrivate le arrizzafuscelli -.


SENZA BENZA


Una sola volta, in oltre vent'anni di guida automibilistica, mi è successo di restare senza benzina. Ricordo che stavo rientrando dall'Umbria, dove ero stato invitato per un reading in un piccolo teatro comunale. L'invito comprendeva vitto e alloggio e, poiché era un viaggio piuttosto lungo, avevo chiesto a amico di accompagnarmi. Nel corso della mia lettura lui si era anche sistemato in un palchetto e aveva fatto la ripresa integrale con una videocamera, anche se poi di quel filmato non ne abbiamo fatto più nulla. Durante il viaggio di ritorno, la spia sul cruscotto mi ha segnalato che ero entrato in riserva. Ho annuciato al mio accompagnatore che avremmo dovuto fare sosta in un autogrill. Poi abbiamo cominciato a parlare di un certo argomento, e ci siamo appassionati. Giunti all'autogrill abbiamo preso un caffè, senza smettere di discutere, e siamo risaliti in macchina, infervoratissimi. Abbiamo continuato a parlare, parlare, parlare con entusiasmo incontenibile, finché la macchina ha emesso uno strano brontolio e ha cominciato a rallentare. L'incertezza è durata una frazione di secondo, subito seguita da un'atroce consapevolezza: mi ero completamente scordato di fare il pieno. Sono riuscito, più per miracolo divino che per abilità di guida, a portare l'auto al ciglio della strada, un attimo prima che si spegnesse del tutto. A quel punto ho chiamato il soccorso stradale. Quando il carro attrezzi è arrivato, l'addetto mi ha chiesto come avessi potuto non accorgermi di essere in riserva, ho risposto di non averne idea. Mentivo. Non potevo dirgli la verità, e cioè che il discorso ci aveva appassionato al punto da dimenticare tutto il resto.

Io e il mio amico stavamo parlando degli Smiths.

venerdì 28 gennaio 2011

APOCALISSE IN SARDEGNA

Settimana prossima sarò in Sardegna per presentare il romanzo a Sassari e a Cagliari. Ecco i dettagli:

giovedì 3 febbraio
ore 19.30
TUMBAO cafè
via Largo Pazzola, 11/13
Sassari

venerdì 4 febbraio
ore 18
Caffè Letterario MANAMANA'
Via Savoia, 15
Cagliari

Intanto il sito letterario Booksweb ha dedicato una bella videorecensione ad "Apocalisse". Eccola.







martedì 25 gennaio 2011

VERITA'


Ci sono verità che, per quanto amare, uno deve imparare ad accettare. Per quanto mi riguarda, una è queste: che nessun cappello in testa mi sta bene.

lunedì 24 gennaio 2011

FINAL DESTINATION

Oggi, mentre ero in autobus, mi è tornato in mente un episodio divertente accaduto qualche anno fa. Mi trovavo in una città del nord-est, invitato a una sorta di convegno organizzato dall'ArciGay locale. Dovevo raggiungere la sede e al telefono mi avevano detto che avrei dovuto prendere l'autobus n. X alla stazione e chiedere all'autista a quale fermata scendere. Così ho fatto.

Sul bus c'erano due operatori dell'azienda trasporti, entrambi in divisa. Uno era l'autista, l'altro un collega in piedi accanto a lui, forse aveva finito il turno e rientrava al deposito o andava a casa. I due stavano chiacchierando. Mi sono intromesso nei loro discorsi: - Mi scusi, dovrei andare in via (Tale). Mi dicono che si trova accanto alla chiesa di (Santo Famoso). Mi potete dire quando devo scendere? -

L'autista era perplesso. Sembrava non ricordare né l'ubicazione della via, né quella della chiesa. Anche il collega era incerto, poi ha avuto un'illuminazione.

Collega: - Ma certo! Via (Tale), hai presente? E' quella dietro piazza (Grande) -.

Autista: - Non mi ricordo -

Collega: - Ma sì, la conosci. Via (Tale) è dove c'è la sede del sindacato -

Autista: - Ah, adesso ho capito -

I due sono stati in silenzio un attimo.

Collega (sorridendo): - Sai anche cosa c'è in via (Tale)? -

Autista: - No -

Collega: - C'è l'Arci Gay! Ah, ah, ah! -

Autista: - Ah, ah, ah! -

Insieme (più forte): - AH, AH, AH! - (matte risate)

Collega (improvvisamente colto da un dubbio e rivolto verso di me): - Lei deve andare al sindacato, vero? -

sabato 22 gennaio 2011

IL TELEGIORNALE DEI SOGNI

Da tre sere succede la stessa cosa. Che ci mettiamo a cenare, ascoltando il telegiornale (dico ascoltando perché il televisore è in un'altra stanza, non ho un apparecchio in cucina). Poi dopo un po' il mio compagno mi guarda e dice: - Io non ce la faccio -. Vedo l'espressione esasperata del suo volto, la rabbia nello sguardo. Allora mi alzo, vado di là e la voce di Berlusconi a rete unifcate scompare da casa nostra. Riprendiamo a cenare, a parlare fra noi, a ristabilire un clima.

Sarà forse per la concomitanza con questa infelice settimana di ennesima vergogna nazionale (e di relative cene inquinate dai notiziari) che saluto con un moto di entusiasmo l'ultima trovata di Valerio Millefoglie.

Valerio Millefoglie passa la vita a trovare modi assurdi per esprimere la sua incontinente creatività. Da quando lo conosco l'ho visto esibirsi come declamatore di versi, cantante, rapper, dj, presentatore e persino cabarettista. Nel frattempo lavora a progetti di romanzi per adulti, libri per ragazzi, diari di viaggi da località desolate, interviste sul tema della felicità, articoli per riviste su personaggi ignorati dai media. Ogni volta che ricevo una sua mail, mi chiedo: - E adesso cosa? -. Poche persone al mondo riescono a stupirmi come lui.

La sua più recente impresa però è davvero fuori da ogni schema: da questa settimana Valerio presenta un programma che si intitola "Il telegiornale dei sogni", un notiziario nel quale vengono riferiti i contenuti dei sogni di persone comuni, con tanto di servizi filmati e interviste. Naturalmente il programma, inadatto a qualunque normale palinsesto televisivo, non va in onda da nessuna parte: lo si trova solo on line sul sito www.tgsogni.com
Non chiedetemi che senso abbia. Immagino nessuno, il che lo rende ancora più poetico e stupefacente.
"Il telegiornale dei sogni" cerca anche materiale, dunque se volte raccontare alla redazione cosa avete sognato ultimamente, potrebbero darne notizia nel corso delle prossime edizioni. La pagina per contattarli è questa.

Mi sa che stasera ceno con questo tg in sottofondo.



mercoledì 19 gennaio 2011

EGOKID: E ORA IL VIDEO

La cover degli Egokid di "Girls and boys" dei Blur, il primo singolo estratto dal nuovo album "Ecco homo".


Ragazze + Ragazzi from EGOKID official on Vimeo.

CAPIRE IL CINEMA (ALMENO IL TITOLO)

L'altra sera sono andato al cinema a vedere "Hereafter" di Clint Eastwood. Ancora una volta mi sono posto la solita domanda: quante persone, tra quelle presenti in sala, sanno cosa significa il titolo del film? "Hereafter" non è certo una parola comune, anche per chi mastica l'inglese. Ma questo è un problema che la distribuzione italiana ha smesso di porsi da anni. Non so in quanti se ne preoccupino, personalmente mi fa imbestialire. Basta scorrere i titoli dei film usciti nel nostro paese negli ultimi tempi per verificare che il numero di quelli lasciati col titolo originale americano è altissimo: Inception, Somewhere, Bright Star, Skyline, Nowhere Boy, Step up, Jackass, We want sex... E nella quasi totalità dei casi, non sono accompagnati da un sottotitolo che ne traduca il significato, dando quasi per scontato che il pubblico ne sia a conoscenza o, evidentemente, non gli interessi. Una questione paradossale se consideriamo che i film conservano il titolo inglese ma vengono interamente doppiati. Si raggiungono poi vertici di surrealismo quando i titoli originali vengono sostituiti con altri, posticci, sempre in inglese: "The story of us" è ora nelle nostre sale ribattezzato (a cazzo di cane): "American life". Non è l'unico caso: "We want sex" sostituisce l'originale "Made in Daghenam", e potrei continuare con altri esempi.

Mi chiedo: nel caso di Eastwood, che cos'ha che non va un titolo diretto ed evocativo come "L'aldilà"? O davvero "American life" è preferibile al romantico "La storia di noi due"? Che senso ha questa americanizzazione forzata?

Oltre al gusto, c'è anche una pratica questione di comprensibilità. Sono pronto a scommettere che quasi nessuno degli spettatori italiani dell'ultimo 007 abbia la più vaga idea di cosa diavolo significhi "Quantum of solace". Io per primo lo ignoro, sebbene in inglese me la cavi benino. Ma la questione è: perché dovrebbe spettare a me preoccuparmi di tradurre un titolo di un film che pago per vedere?

La cosa mi infastidisce particolarmente con i film per bambini. Perché un bambino italiano dovrebbe crescere pensando che gli eroi delle favole si chiamano Aladdin o Rapunzel e non Aladino e Raperonzolo? Troverei accettabile al limite se fossero portati a conoscere questi personaggi coi loro nomi originali. Ciò che trovo immorale in questo spostamento è che invece li conoscono col nome trasmesso dal mercato americano.

Infatti questo trattamento, è riservato solo ai prodotti made in USA. I film francesi, spagnoli, tedeschi, vengono tutti ribattezzati in italiano.

La distribuzione italiana spesso annulla anche ogni riferimento letterario, per quanto storico e radicato possa essere. L'anno scorso il film Disney ispirato al classico "Racconto di Natale" di Dickens è uscito da noi come "A Christmas carol", azzerando dunque oltre un secolo di onorata presenza in libreria. Idem come sopra per "Alice in wonderland" di Tim Burton.

Voglio chiarire altre due cose: in primo luogo, non sono affatto contrario all'uso dell'inglese in sé. Se il film è tratto da una famosa canzone, da un videogioco, da un evento già noto col suo nome orginale, è comprensibile che lo conservi. Secondariamente, è un bene che ci siamo lasciati alle spalle le terrificanti traduzioni creative degli anni '70 e primi '80, quando "Domicile coniugale" di Francois Truffaut veniva distribuito da noi con l'imbarazzante "Non drammatizziamo, è solo questione di corna" o "Entre tineblas" di Almodovar diventava "L'indiscreto fascino del peccato". Questi sono obbrobbri che vanno dimenticati. Io sto solo parlando di sensate, fedeli, se possibile evocative, traduzioni letterali.

Sarà che sono uno scrittore, e con la lingua italiana ci lavoro. Sarà che la lingua italiana mi sembra bellissima e in questo modo la stiamo svilendo insensatamente. Sarà dunque un punto di vista strettamente personale. Però mi sembra anche che sia in Italia che stiamo vivendo, non nell'Ohio.

martedì 18 gennaio 2011

LA MACCHINA DELLE PAROLE

L'anno scorso la scuola di scrittura milanese "La macchina dei sogni" mi ha proposto di tenere un corso avanzato. Avevo già insegnato in diverse scuole e laboratori, ma era la prima volta che mi veniva affidato un intero corso. L'esperienza è stata talmente positiva che quest'anno ho il piacere di ripeterla. Il nuovo corso sarà dedicato a chi sta lavorando al progetto di un primo libro (romanzo o raccolta di racconti), i posti sono limitati e gli incontri saranno serali con cadenza settimanale a partire dal 31 gennaio. Trovate altre informazioni qui.

LETTORI FORTI

Ecco tre piccole chicche da libreria.

Numero Uno (dialogo a cui ho assistito personalmente):

Una donna sui quarant'anni mostra alla commessa un libro di favole illustrato pescato da un espositore lì vicino.

Signora: - Mi scusi, questo è adatto per un bambino di due anni? -

Commessa: - Eehhhmmm, no. E' per bambini in età scolare, dai sei anni in su -

Signora: - Ma io devo regalarlo a un bambino di due anni -

Commessa: - Eh, allora devono leggerglielo i genitori -

Signora: - Non avete libri per bambini di due anni? -

Commessa: - No -

Signora: - Mi può almeno dire cosa leggono i bambini di due anni? -

Commessa: - Signora, giocano coi peluches -.


Numero due (riferita da un libraio):

Signora: - Buongiorno, devo comprare un libro per mia figlia che deve leggerlo per la scuola: Primo Levi, Sequestro un uomo -.


Numeri tre (riferita dallo stesso libraio):

Cliente: - Buongiorno, mia moglie voleva l'ultimo libro di quella famosa scrittrice indiana -

Libraio: - Si ricorda il nome del libro? O dell'autrice? -

Cliente: - No, ma è famossima, la più famosa scrittrice indiana -

Libraio: - Arundati Roy? -

Cliente: - No, no, non è quello il nome -

Libraio: - Non saprei... -

Cliente: - Aspetti che la chiamo -

Il cliente telefona alla moglie, poi torna a rivolgersi al libraio.

Cliente: - Allora di cognome è Lama, di nome Dalai -.

[Pubblicata sul blog Pensierini il 15 gennaio]

venerdì 14 gennaio 2011

ECCE EGO

Il 18 gennaio sarà finalmente nei negozi "Ecce homo", il nuovo album degli Egokid. Tempo fa mi hanno chiesto di scrivere un testo da inserire nella loro cartella stampa. Ecco cosa ho scritto:

Capita ogni tanto di sentire un album e pensare che si tratti di un disco importante. Capita invece assai di rado di ascoltare un album e considerarlo "necessario". A mio avviso "Ecce homo" degli Egokid lo è.

Sono tanti i motivi. Per cominciare però direi perché l'Italia stessa ha bisogno di un disco così. Per quello che rappresenta, per come suona e per le parole che dice.

Partiamo dai testi. Potenti, onesti (e dunque sfrontati), consapevoli. Gli Egokid sanno cosa dicono e come vogliono dirlo. "Ecce homo" è una raccolta di canzoni che ritrae le paure e le povere ideologie dell'uomo qualunque, un cittadino che demonizza gli extracomunitari, sogna di fare "la bella vita" a base di cocaina, ma poi sposare una brava ragazza in chiesa, a perfetto paradigma di una classe politica che marcia per i valori della famiglia di giorno e la sera incontra le escort minorenni; racconta struggenti dichiarazioni d'amore di un uomo verso un altro uomo, concentrandosi solo sulla forza maestosa del sentimento, dimostrando di aver già superato anche le istanze militanti dei contenuti gay (un fenomeno di cui si hanno esempi in letteratura nei romanzi etichettati come 'post-gay' e di cui questo disco rappresenta l'unico esempio italiano in ambito musicale); si lancia contro istituzioni cattoliche (affrontando temi che i testi dei loro più cattivi colleghi, che vestono i panni dei maudit del rock, non hanno il coraggio nemmeno di sfiorare) con un'ironia abrasiva e liberatoria ("Amore mio non perderti... E non andare a Rimini, in quella setta, al Meeting"). Non è poco. Non lo è affatto in questo paese.

E poi la musica. In "Ecce homo" sono presenti le influenze musicali del nostro passato musicale migliore: l'eredità dei cantautori in brani come "Credo" e "Una vita", le sonorità pop di "Parabole", che riportano alla mente il periodo d'oro dei Matia Bazar, le struggenti melodie delle canzoni sentimentali di pezzi quali "Sirene" e "Non mi hai fatto male" che potrebbero essere tratte da un virtuale repertorio anni '70 di Mina o Patty Pravo, il sound della new wave in chiave italica ripresa con cura quasi filologica in "Non si uccidono così anche i cavalli" (impreziosita dalla scelta di una collaborazione colta e raffinata, un duetto con Fausto Rossi, l'indimenticato Faust'O, epigono e riferimento imprescindibile per quel periodo musicale). Il tutto però filtrato da una sensibilità profondamente contemporanea per produrre un album che è etichettabile come indie-rock.

Anche da un punto di vista della fruizione mi sembra ricco di potenzialità: "Ragazze e ragazzi", intelligente cover/rilettura di "Girls and boys" dei Blur, è una killer-track radiofonica; "L'uomo qualunque" è destinata a diventare un anthem dal vivo (col suo irresistibile ritornello: "Noi non abbiamo i soldi, non abbiamo i soldi per comprare la coca e fare la bella vita!", perfetto da cantare in coro), la delicata ballad "Come un eroe della Marvel" potrebbe diventare un hit da adolescenti; "Parabole", con la sua struttura perfetta da canzone pop di tre minuti, ma dal testo carico di inaspettata analogie bibliche, è pronta a lasciate spiazzato l'ascoltatore; infine, "Sirene", forse il punto più alto della raccolta, con quel suo appassionato falsetto al termine di ogni ritornello, pronta a sciogliere il cuore anche dell'ascoltatore più coriaceo.

Mi sembra in conclusione che "Ecce homo" sia un album che può dividere, può piacere o non piacere, può esaltare o irritare, come è giusto che sia per un'opera con tali caratteristiche, ma la cui intrinseca qualità difficilmente verrà messa in discussione. Anche per questo è uno di quei rari dischi di cui abbiamo disperatamente bisogno.

Ora giudicate voi stessi. Sul sito rock.it per alcuni giorni è possibile ascoltare in streaming l'album integrale. Basta cliccare qui.

Inoltre trovate il brano "Come un eroe della Marvel" all'interno della compilation gratuita "Rockit Vol.25". Si tratta di una struggente ballata d'amore dal testo giocato tutto su analogie coi supereroi marveliani. Qualcuno ha già avuto occasione di sentirla in versione piano e voce durante il tour di "Bugiardi e incoscienti". Qui la ritrova nella versione definitiva.

mercoledì 12 gennaio 2011

LA MORALITA' DI FACEBOOK



Durante queste feste natalizie la mia casella postale di Facebook è stata invasa da auguri, anzi da catene di auguri. Per la struttura della posta di FB, ogni messaggio inviato a molteplici destinatari implica che la risposta sia collettiva, pertanto gli auguri si protraevano per giorni, spesso in uno scambio tra persone a me sconosciute ma capitate nel mio stesso elenco. Cancellare i messaggi non serviva a niente: come in un incantesimo tecnologico, bastava che qualcuno rispondesse di nuovo ed ecco che l'intera catena ricompariva nella casella. Più che auguri, una maledizione.

Mi sono lamentato ironicamente della faccenda in uno status: "Caro Babbo Natale, per regalo mi liberi dalle catene di auguri collettivi e relative risposte? O, in alternativa, porti la pace nel mondo? (Preferirei la prima comunque)".

Subito c'è stato qualcuno che mi ha tacciato di stronzaggine: possibile che fossi tanto terribile da non apprezzare la gentilezza di chi voleva augurarmi buone feste?

Ecco, questo mi ha fatto riflettere. Se mai gli auguri hanno un senso, dovrebbe risiedere nella sincerità e nell'affetto di chi li porge. Davvero mandare lo stesso messaggio in batteria a decine e decine di persone equivale a trasmettere un sentito augurio? Raggruppare amici e semplici conoscenti in un click, inviando un'immagine natalizia pescata dalla Rete, significa realmente aver trasmesso un pensiero affettuoso? Forse non la pensiamo nello stesso modo.

Questo episodio me ne ha riportato alla mente un altro avvenuto oltre un anno fa. Un giorno avevo manifestato in un post l'elogio di un disco appena uscito. Era l'aprile del 2009. Sotto quel mio status, a sorpresa, sono apparsi numerosi commenti, ma non riguardavano l'album. Erano di gente che mi accusava di insensibilità perché non stavo manifestando solidarietà alle vittime del terremoto dell'Aquila, avvenuto pochi giorni prima.

Ero basito.

Come tutti, in quella settimana, stavo seguendo la tragedia del terremoto aquilano. Avevo visto un numero imprecisato di telegiornali, aggiornavo (a volte con frequenza ossessiva) le prime pagine dei quotidiani on line, avevo trascorso più di una serata sintonizzato persino sull'orrido Porta a porta vespiano per seguire i dibattiti in corso. Che ne sapeva la gente di Facebook se provavo o meno interesse? Di cosa mi stavano accusando?

Ho navigato un po' tra le pagine dei miei contestatori. Contenevano le solite cose: foto personali, video comici ripresi da YouTube, battute scambiate fra amici... Non erano volontari che scavavano fra le macerie, non era gente che stava dando una mano sul posto. Era gente qualunque. Però qualcuno aveva sostituito la foto del profilo con una bandiera dell'Aquila, qualcuno aveva messo come status "Solidarietà alle vittime del terremoto". Ecco: questo, evidentemente, segnava la differenza morale fra me e loro. Era un discrimine sufficiente per arroccarsi su un piedistallo in posizione giudicante.

Forse sono io che sono old-school, ma comincio a credere che la facilità di comunicazione dei social network possa creare dei fraintendimenti colossali.

Ho un passato fatto di volontariato, di impegno sociale portato avanti per anni di cui non ho quasi mai parlato e non mi interessa comunque farlo. Ma almeno so cosa vuol dire manifestare solidarietà, ed è una cosa che implica sbattimenti, incomprensioni, sveglie all'alba, compagni di pensiero, fatica, piccole soddisfazioni molto intime e personali.

Cambiare figurina sul profilo davvero non ha niente a che fare con la sensibilità, l'impegno, la caratura morale. Può essere un segnale, certo, ma non motivo sufficiente per sentire la coscienza a posto e mettere in discussione quella altrui.

Che sia il caso di comiciare a spiegarlo?

[Pubblicato ieri sul blog dell'Unità Pensierini]

martedì 11 gennaio 2011

UNITA' DI BLOG

L'edizione on-line de L'unità mi ha offerto di tenere un blog all'interno dello spazio dedicato ai blog ufficiali del quotidiano. Accanto a quelli di Concita De Gregorio, Giovanni Maria Bellu, Marco Ventimiglia, Delia Vaccarello e altri, debutta quindi in questi giorni anche il mio. Il nuovo blog sarà una sorta di emanazione di questo, dal momento che ne conserva lo spirito e i contenuti, e dunque ne mantiene in parte anche il titolo: "Pensierini". Un titolo diminutivo affinché sia chiaro anche ai lettori del quotidiano il tono leggero delle mie elucubrazioni. Non vorrei mai che mi prendessero per un intellettuale.

lunedì 10 gennaio 2011

APOCALISSE A GENOVA

Sabato 15 gennaio alla Fnac di Genova in via XX Settembre 46 alle ore 18, doppio appuntamento con la presentazione incrociata di due romanzi: io parlerò di "Un bacio", il nuovo libro di Ivan Cotroneo, pubblicato da Bompiani, mentre Cotroneo parlerà del mio "Apocalisse a domicilio". Vi aspettiamo.

SCRITTORI NELLA NEBBIA

Il circolo Arci "La Scighera" (che in milanese vuol dire la nebbia, io mica lo sapevo, l'ho scoperto da loro!) organizza una serata speciale per gli autori esordienti, un incontro dedicato agli aspetti pratici del debutto. Un appuntamento che cerca di rispondere a molti dei dubbi degli autori in erba (a chi devo mandare il mio dattiloscritto? lo mando a più case editrici o a una sola? a cosa servono gli agenti letterari? ecc). A condurre la serata siamo stati invitati io e Davide Musso (editor di narrativa della casa editrice Terre di mezzo e curatore del blog letterario Le parole necessarie). L'ingresso è libero con tessera Arci. L'incontro, intitolato "Voglio fare lo scrittore. Un mestiere ingrato" è giovedì sera, 13 gennaio, ore 21, in via Candiani 121 (zona Bovisa).

domenica 9 gennaio 2011

ANTONELLA KAMIKAZE

Leggo in questi giorni un volume uscito pochi mesi fa per Guanda. L'autrice è una vulcanica scrittrice napoletana, instancabile organizzatrice di eventi in città (incontri con gli autori, reading, seminari...), direttrice della (probabilmente) più celebre scuola di scrittura del sud Italia ("La linea scritta", dalla quale sono usciti alcuni giovani nomi interessanti come Massimiliano Virgilio e Giusi Marchetta) e consulente esterna di scrittura creativa per le scuole. In pratica gestisce laboratori di scrittura all'interno delle scuole pubbliche, sia rivolti agli alunni (persino in età elementare), sia agli insegnanti. E' proprio ispirandosi a questa attività che Antonella ha scritto questo appassionante volume, che si intitola "Asino chi legge", ma avrebbe potuto chiamarsi, con maggiore enfasi e anche maggiore pertinenza, "Mission: Impossible". Perché Antonella non è una semplice cosulente didattica, ma una sorta di kamikaze della scrittura, pronta ad affrontare le situazioni più impervie (le classi coi figli dei camorristi, gli insegnanti che vivono i corsi di aggiornamento come obblighi inspportabili, le adolescenti con gli occhi sul telefonino invece che verso la cattedra, le aule in cui piove dal tetto) con lo spirito della missionaria. Una misionaria determinata ma ironica, con un grande capacità di osservazione e pazienza a livelli ultraterreni. Il libro raccoglie articoli e appunti che testimoniano il suo lavoro di perenne viaggiatrice attraverso l'Itallia (dal Sud-Tirolo alla Sicilia) e le sue esperienze nel tentativo, a volte utopistico, di portare ad amare la lettura e la scrittura una popolazione che ormai ha praticamente smesso di leggere e che ha soprattutto perso la capacità di restare concentrata su una singola attività (le sue cronache delle classi portate ad assistere un film sono spaventose).

Consiglio moltissimo la lettura di queste pagine, a chi insegna, a chi ha a che fare coi ragazzi, o semplicemente a chi ha a cuore la scrittura in Italia oggi. E' un libro che fa molto pensare, spesso anche deprimere (davvero siamo caduti a questi livelli?), ma allo stesso tempo presenta continui motivi di speranza: le alunne che, folgorate, danno vita a loro volta a nuovi corsi, gli insegnanti che chiedono di estendere le ore previste per gli incontri, la riscoperta della passione per la parola scritta in luoghi dove sembrava sepolta.

La lezione principale di questo libro è forse proprio questa: la consapevolezza che c'è ancora la possibiltà di cambiare le cose.

sabato 8 gennaio 2011

IL RICHIAMO DELLA FORESTA

Dialogo con uno sconosciuto (amico di amici) a una festa:

Sconosciuto: - Sono stato a New York quest'estate, mi sono divertito, ma non provo nessuna nostalgia. Niente di paragonabile a certi paesaggi che ho visto in Macedonia, un tramonto splendido sul mare che ho ammirato da una collina in Albania... Di quelli sì che ho nostalgia. Capisci cosa intendo?

Io: - Ma, non saprei, io detesto la natura.

mercoledì 5 gennaio 2011

MIRACOLO A MILANO

Quando entro in metrò lo faccio con un libro in mano. Leggo sempre nei miei viaggi urbani e ogni volta, immancabilmente, mi guardo intorno nel vagone per verificare quanti altri lettori siano presenti. Di solito siamo non più di due con un libro aperto sulle ginocchia. Occasionalmente un paio di persone hanno un quotidiano, qualche signora sfoglia una rivista, ma i libri sono rarissimi. Molto spesso sono il solo.

Stamattina sono entrato nel convoglio e ho avuto una visione: era pieno di gente che leggeva. Almeno dieci persone con un libro spalancato. Era ora di punta, quindi in molti erano in piedi, che si aggappavano con un braccio ai sostegni e con l'altro reggevano il volume. Erano scomodi, dunque motivati. E non i soliti Faletti, Moccia, Fabio Volo, Dan Brown: ho notato un saggio Einaudi, un tascabile Bur e uno in piedi accanto a me leggeva addirittura un testo della casa editrice svizzera Casagrande. Insomma, lettori veri.

Mi sono sentito a casa e leggermente euforico.

domenica 2 gennaio 2011

BIBLIOTECA DEL BIZZARRO

Ecco in esclusiva per il nuovo blog un elenco delle migliori stranezze letterarie che mi sono passate fra le mani negli ultimi mesi.

Joe Brainard - The Nancy book

Brainard è il geniale autore del primo "I remember", ossia l'inventore della formula del "Mi ricordo". Illustratore, pittore e (raramente) scrittore, Brainard è sempre stato un artista marginale nel panorama americano, anche se in tempi recenti è in atto un'opera di (sacrosanta) rivalutazione del suo lavoro. Fa parte di questa operazione di recupero anche l'uscita di questo volume illustrato dedicato all'ossessione del pittore per il personaggio dei fumetti Nancy, creato dal disegnatore Ernie Bushmille e pubblicato su innumerevoli quotidiani negli anni '50 e '60, quando Brainard era bambino. Nel corso della sua carriera Brainard ha utilizzato ripetutamente la figura di Nancy, nei modi più disparati: disegnando a sua volta fumetti apocrifi, inserendola in dipinti e collage, su cartoline e in altre svariarte forme. Questo libro li raccoglie più o meno tutti: una collezione di immagini assai bizzarra e certo unica nel suo genere.

Vanishing Poin: How to disappear in America without a trace

Trovato e comprato al Museo del design di Londra, di autore anonimo e pubblicato dalla fantomatica "Revolver Publishing by Vice Versa" (più che un marchio editoriale suona come la sigla di un collettivo antagonista), questo libretto contiene esattamente ciò che il titolo promette: un manuale per scomparire negli Stati Uniti senza lasciare traccia. Sono analizzati tutti gli aspetti pratici della faccenda (come mantenersi, come evitare la curiosità della gente, come evitare di lasciare segni del proprio passaggio, quali organizzazioni contattare in caso di bisogno...).

Leanne Shapton - Importanti oggetti personali e memorabilia dalla collezione di Leonore Doolan e Harold Morris, compresi libri, abiti e gioielli

Uscito negli USA nel 2009 e pubblicato in Italia da Rizzoli lo scorso ottobre (ma senza affatto suscitare la curiosità che avrebbe meritato) questo libro va annoverato fra i più strani romanzi degli anni '10, se non il più anomalo di tutti. Il volume infatti racconta la storia d'amore di una coppia dal momento del loro incontro alla loro separazione, il tutto senza l'utilizzo di alcun materiale narrativo, ma attraverso una serie di fotografie e reperti che ne testimoniano l'evoluzione: invito della festa dove i due si sono conosciuti, foto di lei con indosso un cappello che lui le ha regalato, menu del ristorante dove hanno cenato la prima volta, cartoline spedite l'uno all'altra, contenuto dei rispettivi beauty-case durante un viaggio, appunti su foglietti sparsi, libri letti dalla coppia... Strutturato come il catalogo di una casa d'aste, realizzato con scrupolosità maniacale dall'illustratrice Leanne Shapton (fondatrice tra l'altro di una casa editrice indipendente di libri d'arte alternativa), un romanzo che del plot salva solo lo scheletro, per rivelare al lettore esclusivamente gli elementi addizionali e superflui della vicenda, le minuzie quotidiane che un narratore tralascerebbe. Ma (qui è l'intervento narrativo creativo) tutte rigorosamente di finzione. Avantismo TO-TA-LE.

Douglas Martin - Outline of my lover

Romanzo (stavolta nel senso tradizionale del termine), estremamente poetico e struggente, uscito diversi anni fa ma recuperato (usato) solo quest'anno, narra l'intensa storia d'amore tra uno studente con grandi aspirazioni ma pochi soldi e una rockstar internazionale conosciuta a una festa. Cosa c'è di strano in tutto ciò? Che il libro è autobiografico e la rockstar è Michale Stipe dei R.E.M. Il nome non è mai citato nel libro, ma è inequivocabile. (Quanti altri divi a livello planetario ha prodotto Athens, in Georgia?). Il libro tuttavia non ha nulla di scandalistico o morboso, al contrario è un'opera anche difficile nell'ossessività del suo contenuto, un libro che potrebbe amare molto gli appassionati di Michael Cunningham o Colm Toibin. Mai tradotto in Italia.

Searching for Ludwig Wittgenstein: Illustrated Map

Questo è un oggetto davvero anomalo: una ricerca su alcuni dei luoghi frequentati dal filosofo Ludwig Wittgenstein, corredata di cartine geografiche e di disegni autografi, e stampata in forma di piantina pieghevole. Realizzata da tale Jan Estep, professore del Minnesota e pubblicata (suppongo) a sue spese: l'edizione in mio possesso (trovata nella libreria Printed Matter di New York specializzata in fanzine e pubblicazioni underground) non riporta l'editore.


sabato 1 gennaio 2011

ANNO NUOVO, BLOG NUOVO

Da tempo volevo cambiare piattaforma per il blog, mi sono deciso a farlo in occasione del nuovo anno. Qui potrò postare anche video e altri contenuti che sul blog precedente non avevo possibilità di inserire. Questa permette anche di condividere i post su Facebook e altri social network e ha una grafica decisamente migliore. Da parta mia vorrei anche gestire meglio i contenuti, con tag rubriche e quant'altro. Questi insomma sono i buoni propositi. Vediamo se riuscirò a mantenerli.
Comunque è bello cominciare il 2011 con una novità.
Benvenuti in questa nuova casetta.