martedì 27 febbraio 2018

DIVENTARE LETTORI DEL MONDO



Fra Stati Uniti e Regno Unito circolano decine di splendide riviste letterarie (“McSweeney’s”, “GRANTA”, “The New Yorker”, “The Paris Review”,…), che la quasi totalità del pubblico italiano ignora perché già è poco avvezzo al mondo delle riviste di narrativa, figuriamoci poi se sono in lingua. Per sopperire in parte a questa lacuna ogni tanto vengono pubblicate da noi delle raccolte che ne offrono il “best of”, ma ovviamente un’antologia compilativa non offre la stessa esperienza dei numeri originali.
Per questo sono rimasto sbalordito quando ho saputo che una piccola casa editrice italiana ha scelto di tradurre per intero un numero della rivista letteraria “Freeman’s”. Il merito va alla toscana Black Coffee (il cui giovane catalogo già comprende romanzi davvero interessanti), che non solo l’ha pubblicato ma lo distribuisce in libreria al prezzo contenuto di soli 12 euro col titolo di “Freeman’s – Scrittori dal futuro”.
Come il nome dichiara esplicitamente, si tratta della creatura dell’editor John Freeman, che dopo essere stato per anni a capo di un’altra rivista inglese (la storica “GRANTA”), ha deciso di aprire la propria testata personale. In genere le riviste hanno un focus locale, presentando i nomi più interessanti del proprio paese. Lo sguardo di Freeman invece è aperto verso l’intero pianeta, grazie anche alla collaborazione e alla segnalazione di operatori dell’editoria incontrati in giro per fiere e manifestazioni a ogni latitudine. Il risultato è una raccolta davvero variegata, con racconti provenienti tanto dall’Inghilterra o dagli Usa, quanto dalla Turchia, dalla Norvegia, dalla Cina o dall’India.
L’intento del curatore è proprio quello di spingere il lettore a diventare cosmopolita. E per spiegare cosa intenda nell’introduzione al libro cita una conferenza della scrittrice Aminatta Forma tenutasi a Georgetown, durante la quale l’autrice ha detto: “Cosmopolita è chi possiede, o si è creato, più di un modo di vedere le cose, qualcuno la cui prospettiva non sia circoscritta ai confini dati dai valori di un’unica cultura nazionale. Cosmopoliti si può nascere, diventare o essere costretti a essere”. E Freeman aggiunge: “Pensateci: il migrante è cosmopolita, il rifugiato è cosmopolita, chiunque viva fra due o più luoghi, e quindi comprenda la complessa situazione in cui costoro si trovano, è cosmopolita. Che splendido concetto, specialmente in un’epoca in cui i governi basano la propria politica sulla crudeltà costituzionale e sull’assunto per cui alcuni individui in sostanza valgono più degli altri”. Poi, poche righe più sotto: “È possibile combattere attraverso le nostre scelte di lettura? A mio parere sì, e possiamo farlo senza perdere il gusto di leggere. È sufficiente tornare a considerarla come un’esperienza più ampia, quella da cui in così tanti siamo partiti: la lettura come viatico per la sorpresa, per la gioia, la complessità e la meraviglia, non come mappa immaginaria di ciò che sappiamo già”.
Riscoprire la lettura come atto politico, di presa di consapevolezza e di maturazione personale, mi pare già un motivo più che esaltante per avvicinarsi a questa rivista (l’entusiasmo e la chiarezza di visione che emergono da questa introduzione la rendono una delle più incisive che abbia trovato in un’antologia). 
Nelle raccolte è normale trovare pezzi più convincenti (o più vicini al nostro gusto) di altri, ma una cosa appare evidente leggendo la trentina di testi raccolti in “Freeman’s – Scrittori dal futuro”: che il livello letterario è mediamente notevole.
Da parte mia non posso fare a meno di segnalare almeno due fenomenali racconti.
“Un uomo sfortunato” dell’argentina Samanta Schweblin, una storia che si muove nel delicatissimo confine fra attenzione verso i bambini e pedofilia, dove è difficile stabilire se la morbosità risieda negli occhi del lettore o nell’ambiguo personaggio del titolo. Un equilibrio narrativo magistrale. (Il racconto è valso all’autrice un prestigioso premio letterario in patria ed è facile capirne perché).
“Il liberatore” dell’americana Tania James è forse il racconto migliore che abbia letto negli ultimi cinque anni: un testo nel quale il punto di vista muta di continuo, facendo dipanare la vicenda secondo prospettive sempre diverse, mostrando al lettore come ognuno dei personaggi coinvolti nella storia l’abbia vissuta in modo differente. Una vicenda che inizia banale, diventa tragica, poi compassionevole, attraversando lo spettro delle emozioni umane di chi viene toccato. 
Un racconto assolutamente perfetto.  


N.B. Il magazine on line “Il tascabile” proprio questa settimana ha pubblicato l’introduzione integrale di John Freeman. Se volete leggerla la trovate qui