Fra Stati Uniti e Regno Unito circolano decine di splendide riviste letterarie (“McSweeney’s”, “GRANTA”, “The New Yorker”, “The Paris Review”,…), che la quasi totalità del pubblico italiano ignora perché già è poco avvezzo al mondo delle riviste di narrativa, figuriamoci poi se sono in lingua. Per sopperire in parte a questa lacuna ogni tanto vengono pubblicate da noi delle raccolte che ne offrono il “best of”, ma ovviamente un’antologia compilativa non offre la stessa esperienza dei numeri originali.
Per questo sono rimasto sbalordito quando ho saputo
che una piccola casa editrice italiana ha scelto di tradurre per intero un numero
della rivista letteraria “Freeman’s”. Il merito va alla toscana Black Coffee (il
cui giovane catalogo già comprende romanzi davvero interessanti), che non solo
l’ha pubblicato ma lo distribuisce in libreria al prezzo contenuto di soli 12
euro col titolo di “Freeman’s – Scrittori dal futuro”.
Come il nome dichiara esplicitamente, si tratta
della creatura dell’editor John Freeman, che dopo essere stato per anni a capo
di un’altra rivista inglese (la storica “GRANTA”), ha deciso di aprire la
propria testata personale. In genere le riviste hanno un focus locale,
presentando i nomi più interessanti del proprio paese. Lo sguardo di Freeman
invece è aperto verso l’intero pianeta, grazie anche alla collaborazione e alla
segnalazione di operatori dell’editoria incontrati in giro per fiere e
manifestazioni a ogni latitudine. Il risultato è una raccolta davvero
variegata, con racconti provenienti tanto dall’Inghilterra o dagli Usa, quanto dalla
Turchia, dalla Norvegia, dalla Cina o dall’India.
L’intento del curatore è proprio quello di spingere
il lettore a diventare cosmopolita. E per spiegare cosa intenda nell’introduzione
al libro cita una conferenza della scrittrice Aminatta Forma tenutasi a Georgetown,
durante la quale l’autrice ha detto: “Cosmopolita
è chi possiede, o si è creato, più di un modo di vedere le cose, qualcuno la
cui prospettiva non sia circoscritta ai confini dati dai valori di un’unica
cultura nazionale. Cosmopoliti si può nascere, diventare o essere costretti a
essere”. E Freeman aggiunge: “Pensateci:
il migrante è cosmopolita, il rifugiato è cosmopolita, chiunque viva fra due o
più luoghi, e quindi comprenda la complessa situazione in cui costoro si
trovano, è cosmopolita. Che splendido concetto, specialmente in un’epoca in cui
i governi basano la propria politica sulla crudeltà costituzionale e
sull’assunto per cui alcuni individui in sostanza valgono più degli altri”.
Poi, poche righe più sotto: “È possibile
combattere attraverso le nostre scelte di lettura? A mio parere sì, e possiamo
farlo senza perdere il gusto di leggere. È sufficiente tornare a considerarla
come un’esperienza più ampia, quella da cui in così tanti siamo partiti: la
lettura come viatico per la sorpresa, per la gioia, la complessità e la
meraviglia, non come mappa immaginaria di ciò che sappiamo già”.
Riscoprire la lettura come atto politico, di presa
di consapevolezza e di maturazione personale, mi pare già un motivo più che
esaltante per avvicinarsi a questa rivista (l’entusiasmo e la chiarezza di
visione che emergono da questa introduzione la rendono una delle più incisive
che abbia trovato in un’antologia).
Nelle raccolte è normale trovare pezzi più
convincenti (o più vicini al nostro gusto) di altri, ma una cosa appare
evidente leggendo la trentina di testi raccolti in “Freeman’s – Scrittori dal
futuro”: che il livello letterario è mediamente notevole.
Da parte mia non posso fare a meno di segnalare
almeno due fenomenali racconti.
“Un uomo sfortunato” dell’argentina Samanta
Schweblin, una storia che si muove nel delicatissimo confine fra attenzione
verso i bambini e pedofilia, dove è difficile stabilire se la morbosità risieda
negli occhi del lettore o nell’ambiguo personaggio del titolo. Un equilibrio
narrativo magistrale. (Il racconto è valso all’autrice un prestigioso premio
letterario in patria ed è facile capirne perché).
“Il liberatore” dell’americana Tania James è forse
il racconto migliore che abbia letto negli ultimi cinque anni: un testo nel
quale il punto di vista muta di continuo, facendo dipanare la vicenda secondo
prospettive sempre diverse, mostrando al lettore come ognuno dei personaggi
coinvolti nella storia l’abbia vissuta in modo differente. Una vicenda che
inizia banale, diventa tragica, poi compassionevole, attraversando lo spettro
delle emozioni umane di chi viene toccato.
Un racconto assolutamente perfetto.
N.B. Il magazine on line “Il tascabile” proprio
questa settimana ha pubblicato l’introduzione integrale di John Freeman. Se
volete leggerla la trovate qui.