venerdì 21 luglio 2017

COSA LEGGO QUEST’ESTATE?

Alcune proposte di lettura.


Nickolas Butler
Il cuore degli uomini
(trad. di Claudia Durastanti)
Marsilio 

Se vi dicessi che questo è un romanzo sui boy-scouts scappereste a gambe levate, ma del resto la copertina lo suggerisce in maniera piuttosto evidente, quindi inutile tentare di nasconderlo. Il libro in effetti racconta la storia di tre uomini i cui destini sono legati a un campo scout. Tre uomini raccontati in vari momenti della loro vita (adolescenti sfigati o troppo idealisti, adulti cinici e tendenti all’alcolismo, anziani saggi e divenuti più comprensivi con l’esperienza). Butler, a mio avviso, in questo secondo romanzo è riuscito proprio laddove era stato debole nel suo esordio (il tanto decantato “Shotgun lovesongs”): se nel primo romanzo i personaggi mi erano parsi tutti bidimensionali (i buoni insopportabilmente buoni, gli innamoramenti delle medie che duravano tutta la vita, le star che rifiutavano il successo mondiale perché incapaci di dimenticare il paesino dove sono cresciuti...), in questo secondo sono estremamente sfaccettati, capaci di grandi eroismi quanto di atti di codardia, sprezzanti verso i figli ma allo stesso tempo gelosi della loro innocenza, alla fine dei conti tutti fragili e dannatamente umani. In una parola, veri. 



Daniela Mazzoli
Sarò strana io
Quodlibet

Da anni nutro una particolare predilezione per i libri in forma di frammenti: pensieri, annotazioni, brevi prose, aforismi. Un genere letterario frequentato raramente e giusto da qualche autore sperimentale americano (come la geniale Jenny Offill). Scoprire che un’esordiente italiana si è cimentata nella medesima impresa non poteva che entusiasmarmi. “Sarò strana io” è una sorta di romanzo ridotto a brandelli, una raccolta di riflessioni della protagonista sulla sua vita, il suo lavoro, la sua famiglia e soprattutto sugli uomini per i quali perde la testa. Il tutto all’insegna di un’ironia sferzante e assai efficace. 

“Quasi sempre si capisce subito di cosa ci si pentirà”

“Ho una soglia del dolore così alta che non riesco a raggiungerla”

“La telepatia non è una scienza esatta; tutte le sere io pensavo «chiama, chiama, chiama». Ma lui non chiamava”

“Ogni tanto qualcuno dovrebbe passare a venderti Coca e popocorn con il banchetto al collo, mentre stai vivendo”

“Non siamo soli nell’universo, siamo soli nel condominio”

“Certe volte uno preferisce avere torto, pur di avere qualcosa”

Questi sono solo alcuni esempi dello stile di questo anomalo libro, ideale per essere letto anche a piccoli sorsi, ripreso e abbandonato a piacere, senza perderne il senso. Un testo perfetto, per dire, per i tragitti brevi in bus e in metropolitana. Come un breviario moderno, nel quale ogni tanto (spesso) riconoscersi con un sorriso. 



Theodore Sturgeon
Godboy
(trad. di Martina Sirka Mosur)
Atlandide

La casa editrice Atlantide è una delle più curiose realtà del panorama letterario italiano: produce infatti solo libri a tiratura numerata e limitata (di ogni titolo stampano 999 copie: esaurite quelle non ci sono altre ristampe), in volumi eleganti e molto curati. Una specie di Adelphi in chiave punk. Fra gli ultimi libri pubblicati, merita senza dubbio una segnalazione questo straordinario romanzo, uscito negli USA nel 1986 e mai tradotto prima  in Italia a causa del suo scandaloso contenuto. Si tratta dell’ultima opera di Theodore Sturgeon, autore di culto amato fra gli altri anche da Stephen King e Kurt Vonnegut, il cui titolo “Godbody” (corpo di Dio) già si presenta come fin troppo allusivo. È la storia di una piccola comunità della provincia americana nella quale fa la comparsa un essere misterioso, un uomo bellissimo e dall’aria innocente e irresistibile. Tutti coloro che lo incontrano, uomini e donne, incluso il pastore del paese, ne saranno profondamente cambiati, alcuni anche attraverso il congiungimento carnale con lui, in un’esperienza che ha poco del fisico e molto del trascendentale. 
Un romanzo che può essere letto tanto come sacrilego quanto come estremamente poetico e illuminante. Qualsiasi sia la vostra interpretazione, resterà uno dei libri più originali che vi sarà capitato di leggere.



Garth Greenwell
Tutto ciò che ti appartiene
(Trad. di Matteo Colombo)
Mondadori

Vincitore del British Book Award, finalista in una serie infinita di premi, inserito fra i 10 migliori libri dell’anno dal New York Times, il debutto di Garth Greenwell è un romanzo a tematica gay che esce dai contorni rassicuranti e familiari nei quali molta letteratura di genere oggi è (auto-) confinata, per toccare ambiti decisamente più sconvenienti e conturbanti. Storia di un insegnante americano (mai nominato nel testo) che vive e lavora in Bulgaria e che un pomeriggio, in un bagno pubblico deputato a un certo tipo di contatti fugaci, conosce Mitko, giovane e sfrontato prostituto che finirà per essere una presenza significativa nella sua vita. L’incontro scatena nel professore una serie di riflessioni, sul proprio passato, sui conflitti coi genitori, sulla natura dei suoi desideri, su ciò che lo appaga realmente e su ciò che lo spaventa. L’acutezza dell’analisi di Greenwell sulle emozioni profonde del suo protagonista è la vera forza di questo romanzo. Le pagine centrali che rievocano l’evoluzione del rapporto col padre, dalla complicità dell’infanzia allo spietato rifiuto dell’età adulta, sono davvero toccanti. 



Miriam Towes
Un complicato atto d’amore
(Trad. di Monica Pareschi)
Marcos y Marcos

Cosa significa nascere e crescere all’interno di una rigida comunità religiosa? Miriam Towes, autrice canadese, lo racconta in questo suo terzo romanzo. 
La protagonista è Nomi, una ragazza adolescente rimasta a vivere col padre, ortodosso ma arrendevole, dopo che sia la madre che la sorella maggiore sono fuggite lasciandoli soli.
La forza del libro sta tutta nel punto di vista della sua giovane protagonista: Nomi, che rimane in comunità solo in attesa che sua madre e sua sorella facciano ritorno, cerca di trovare mezzi per fare le esperienze che sente di dover fare, vive come assurde le regole che gli adulti seguono senza sognarsi di mettere in discussione e accoglie con sincero sbalordimento gli insegnamenti delle persone più oltranziste che si trova attorno, a cominciare da “la Bocca”, suo zio, nonché capo spirituale della comunità. 
Un libro semi-autobiografico che sceglie la strada dell’ironia quando altri avrebbero adottato quella della denuncia e ci regala il ritratto di una ragazzina fragile, coraggiosa e soprattutto molto divertente. 



Sandro Campani
Il giro del miele
Einaudi

Ci sono libri che sembrano collocarsi fuori dal tempo, le cui storie sembrano appartenere tanto all’oggi quanto al secolo scorso, e in fondo non farebbe tanta differenza.
Due amici si trovano una sera d’inverno in un paesino sulle colline tosco-emiliane. Uno Giampiero, falegname di mezza età, l’altro è Davide, il figlio del suo datore di lavoro, che ha tenuto sulle ginocchia quando era piccolo e che ha visto crescere e farsi uomo. Con i legni nel camino che crepitano e una bottiglia di grappa sul tavolo da condividere, i due passano la notte a confidarsi: le gioie della vita, gli errori del passato, le ferite che non possono più essere ricucite. 
Un romanzo dall’andamento lento e dall’atmosfera calda, scritto con una lingua tanto nostrana quanto efficace, in grado di dare al lettore l’impressione di essere lì presente, insieme ai due amici e di ascoltare le loro confidenze. Una lettura dal ritmo rilassato, notturno, che alcuni potrebbero trovare eccessivamente rarefatta e concentrica, mentre altri di una piacevolezza rara. 



Johnny Marr
Set the boy free
(trad. di Anna Mioni)
BigSur


Poiché l’autobiografia di Morrissey non uscirà mai in italiano (e neanche in nessun’altra traduzione, dal momento che l0 stesso autore ne ha bloccato la cessione dei diritti, assecondando un’altra delle sue innumerevoli paranoie), finalmente con l’uscita di quella di Johnny Marr, i fan nostrani degli Smiths arrivano a sentire la verità sulla loro separazione dalla voce di uno dei diretti protagonisti. E si sorprenderanno di scoprire che Marr scrive bene: queste oltre 400 pagine di memorie scorrono via con estrema piacevolezza. Il chitarrista del gruppo rock inglese forse più influente degli ultimi 40 anni racconta la sua storia dall’infanzia trascorsa all’interno di una famiglia che assomigliava più a una tribù fino alle collaborazioni coi più grandi musicisti del mondo, Beatles e Rolling Stones inclusi. E fa intuire che lo scioglimento degli Smiths è stato inaspettato e doloroso per lui quasi quanto lo sia stato per le migliaia di fan sparsi sul pianeta. Il che è una parziale consolazione: se non ha potuto far niente lui, allora era davvero qualcosa di inevitabile.

Resta poi inteso che dovete leggere “Una vita come tante” se non l'avete ancora fatto. Del resto quando trovate il tempo di leggervi mille pagine se non d’estate?

martedì 11 luglio 2017

McSWEENEY’S BIG MISTERY

Chi segue questo blog sa bene quanto sia appassionato (ok, usiamo pure l’espressione fanatico) di riviste letterarie. Ne parlo di continuo, tanto on line quanto negli incontri in libreria o nelle lezioni nelle scuole di scrittura creativa che mi capita di tenere. Le illustro, promuovo, le esalto. Fra le innumerevoli riviste letterarie presenti sul mercato mondiale non ho mai fatto mistero di quanto la mia preferita sia “McSweeney’s”, fondata a San Francisco nel 1998 dallo scrittore Dave Eggers. È l’unica rivista della quale possieda l’intera collezione, dal numero 1 all’ultimo, orgogliosamente esposti nella mia libreria, come testimonia questa foto. 



Il nome per esteso della rivista in origine era “Timothy McSweeney’s Quarterly Concern”, ossia “Le preoccupazioni quadrimestrali di Timothy McSweeney”. Un titolo assurdo, che si rifaceva alla figura di un presunto corteggiatore della madre di Eggers che per anni ha scritto lettere affettuose alla donna prima di scomparire, rimanendo però una sorta di nome mitologico per i membri della famiglia. 
Come il suo ispiratore col tempo anche i riferimenti a Timothy McSweeney scomparvero dalla rivista, universalmente conosciuta ormai col semplice nome di “McSweeney’s”. 
Le caratteristiche principali del periodico sono due: da un lato la qualità altissima dei contenuti (le firme più illustri della narrativa americana hanno pubblicato inediti sulle sue pagine, dove hanno esordito anche alcuni degli autori emergenti più interessanti), dall’altro la creatività massima dei suoi formati. Alternando in genere un’uscita in versione libro tradizionale con un’altra dall’aspetto imprevedibile, nel corso del tempo McSweeney’s ha prodotto (fra gli altri) numeri in forma di quotidiano, di contenitore di quaderni, di finto beauty-case, di quadro da appendere alla parete, di cubo tridimensionale e di pacco di posta (con racconti inseriti in finti cataloghi o dentro buste da lettera).
Motivi per adorarlo dunque da parte dei lettori ce ne sono parecchi. 
Malgrado si definisca quadrimestrale, McSweeney’s col tempo ha abituato i suoi lettori a subire diversi ritardi. Chiunque si occupi di riviste indipendenti sa bene come sia difficile rispettare i tempi prefissati, soprattutto per una pubblicazione composta interamente di racconti e che quindi deve sottostare alle promesse di consegna (raramente mantenute) degli scrittori coinvolti. Lo slittamento di un paio di mesi o più presto diventa la norma. Eppure tre anni fa è successo qualcosa di più grave e misterioso. Dopo la pubblicazione del numero 48 (nell’agosto del 2014), la redazione ha cominciato ad anticipare che erano in già corso i lavori per il numero che avrebbe segnato una tappa storica per la rivista, il numero 50. Il comunicato non forniva molti elementi ma lasciava intuire che stavano pensando in grande. Per i lettori più fedeli, abituati a ogni forma di follia cartotecnica, era logico attendersi un’edizione spettacolare. Contestualmente la redazione annunciava anche i contenuti dell’imminente nuovo numero, il 49. Sarebbe stato un volume interamente dedicato al concetto di “cover”: gli scrittori coinvolti avrebbero riscritto a modo loro alcuni racconti celebri e a il numero avrebbe avuto l’aspetto di un vinile a 33 giri. Veniva addirittura anticipata la copertina del disco, nel tipico formato quadrato degli LP. 

Poi, il nulla.

Di mesi ne passano quattro, sei, otto, intanto, per la prima volta nella storia della rivista, appare una raccolta fondi attraverso il portale Kickstarter per finanziarne la stampa. I  lettori più affezionati partecipano felici, ma col passare dei mesi cominciano a lasciare commenti di protesta: l’attesa non è più di mesi, stanno passando anni. Nessuno si premura di dare risposte o spiegazioni. 
Il numero, di solito acquistabile on line anche sui abituali canali di vendita libri tipo Amazon, passa da “prenotabile” a “non prenotabile al momento”. 
Sul sito di McSweeney’s non compare una riga a riguardo. Facendo ricerche su Google non si trova praticamente niente. Un caso di omertà digitale senza precedenti. 
Trascorrono quasi tre anni. 

Ad aprile l’amico libraio dal quale solitamente acquisto il numero d’importazione mi chiama per avvisarmi che all’improvviso il volume risulta in consegna. Siamo entrambi perplessi, invece un paio di giorni dopo arriva per davvero. 
Si tratta del tanto atteso numero 49, però ci sono dei però. 
La copertina è rimasta invariata, il formato è quadrato, ma non ha le dimensioni di un LP quanto piuttosto quelle di un 45 giri. Nell’introduzione (firmata in forma generica da “I redattori”) si presentano con toni di grande entusiasmo i contenuti letterari del numero. Non un accenno al clamoroso ritardo nella pubblicazione, non un riferimento al cambio di formato e, soprattutto, nessuna anticipazione o promessa riguardo all’ormai prossimo numero 50. 
Rimane dunque un mistero insondabile.
Perché tanto ritardo? Che è successo? Che sta succedendo? Ci sarà un numero 50? Ci stanno ancora lavorando? Se si, quando uscirà? 
Domande che al momento restano prive di risposta. (Se qualcuno fra voi ha notizie al riguardo me le riferisca, grazie). 



Detto tutto ciò, il numero 49, da un punto di vista strettamente letterario, è splendido. Il concetto di cover applicato alla narrativa produce esperimenti di alto livello e di grandissimo piacere. Lo scrittore Jess Walter trasforma il celebre racconto “I morti” di James Joyce nella caduta in disgrazia di uno sceneggiatore di serie televisive a Los Angeles, la scrittrice Lauren Groff racconta da un’altra prospettiva le protagoniste del racconto “Desideri” di Grace Paley e la celebre autrice Meg Wolizter riscrive il capolavoro “Un giorno ideale per i pescibanana” di J.D. Salinger dal punto di vista di una baby-sitter. E questi sono solo alcuni esempi. 
Un numero memorabile, che se amate la letteratura e ve la cavate con l’inglese non dovreste proprio perdervi. 

Anche perché chi ci assicura che ci sarà mai un prossimo numero?