domenica 22 dicembre 2013

GOTHIC LOLITA

Ieri sera, per puro caso, mi sono ritrovato in un locale dove era in corso una festa dark. Come appena sbarcati da una capsula del tempo attorno a me decine di individui con chiome laccate, rossetti sbavati, orecchini sul labbro, croci argentate al collo, anfibi, pantaloni di pelle nera o minigonne su calze a rete traforate che ballavano Cure, Sisters of Mercy e “Siberia” dei Diaframma. L’impatto è stato talmente potente che mi ha riportato alla mente un’esperienza che avevo quasi del tutto cancellato dalla mia memoria: intorno ai 16, 17 anni, mentre ero studente in un liceo di Pavia, ero entrato in contatto con due ragazze dark di Genova, la cui amicizia avrebbe influenzato molto i miei mesi a venire. Nel Paleozoico dei contatti social nel quale vivevamo, il nostro incontro virtuale era avvenuto tramite un annuncio pubblicato su una rivista di musica. Non ho idea di quale fosse la rivista, né se fossi stato io a mettere l’annuncio o avessi risposto al loro, fatto sta che abbiamo cominciato a scriverci (lettere, avete presente? fogli di carta con parole vergate a mano, inseriti in buste e spedite fisicamente), finché loro due - che si chiamavano Carla e Silvia, anche se Carla si firmava Karla - mi hanno proposto di raggiungerle un mercoledì pomeriggio per incontrarci di persona. Così, fuori da scuola, ho preso un Intercity e sono sceso a Genova Brignole, dove ad attendermi c’erano loro due in piena divisa dark insieme ad altri due o tre amici, compagni di look. Io non ero esattamente dark quanto loro nell’aspetto, niente croci o creste fucsia in testa (il che mi sarebbe stato oltremodo facile, avendo una madre parrucchiera), mi limitavo a portare camicie o dolcevita neri e ad ascoltare un certo tipo di musica sul mio walkman. Quello che Karla e Silvia non mi avevano annunciato per lettera era che l’incontro non si sarebbe limitato a quattro chiacchiere e una birra in un bar del quartiere, ma prevedeva un pomeriggio da trascorrere in una discoteca. Io mi accodai dunque alle mie due nuove amiche e mi lasciai trasportare. Del locale ricordo pochissimo, però alcuni fatti basilari li ho conservati: intanto che per essere un mercoledì pomeriggio di gente ce ne fosse abbastanza, che quasi tutti sembravano usciti da un video girato a Londra più che provenire dall’entroterra ligure e soprattutto che per la prima volta in vita mia adoravo la musica che il dj stava suonando. Quelle due o tre orette assurde, in una discoteca votata a celebrare l’oscuro mentre fuori c’era un sole splendente, mi piacquero così tanto che divennero un appuntamento fisso. Continuai ad andare a Genova, non proprio tutte le settimane, ma almeno una volta al mese, coltivando il rapporto con le mie cotonatissime amiche e i loro compagni d’avventura. Se non sbaglio loro due erano più grandi, già diciottenni, e in fatto di cultura musicale erano molto più aggiornate di me. Spesso mi passavano cassette con brani che io non mi limitavo ad ascoltare, ma studiavo proprio, come frammenti di un linguaggio che ancora non padroneggiavo completamente e che volevo assorbire il più in fretta possibile. Furono loro due che mi fecero scoprire canzoni mai sentite prima, come “Tanz Mussolini” dei DAF, “Bela Lugosi’s dead” dei Bauhaus o “Like an animal” dei Glove, il progetto parallelo di Robert Smith dei Cure. Quando mi davano i nastri li accompagnavano da brevi indicazioni a voce perché potessi capire cosa aspettarmi dall’ascolto. Ricordo che Karla una volta mi aveva consegnato una cassetta che comprendeva alcuni brani dei NewOrder e che Silvia si era dissociata dalla scelta. Quando le avevo chiesto perché li detestasse tanto lei mi diede una risposta così sprezzante che non l’ho mai dimenticata: “Perché Ian Curtis è morto e loro ci ballano sopra”. 
Col tempo ho smesso di andare a Genova e ho perso di vista le mie amiche dark. Non c’è stata alcuna rottura fra noi, semplicemente crescendo i contatti si sono affievoliti fino a spegnersi del tutto. Mi chiedo ora dove siano, che vita facciano, come ricordano quel periodo laccato. 
Ieri sera, ripensando al me stesso adolescente che da solo andava a Genova pur di trovarsi con altra gente coi suoi stessi gusti musicali, ho provato una sensazione mista di patetismo e tenerezza. Mi ha fatto comunque riflettere sul fatto che per la musica mi sono sempre sbattuto molto: ho preso treni, fatto viaggi, visto concerti, fondato fanzine, comprato tonnellate di dischi, avuto illuminazioni e delusioni, incontri e scontri. Mi ha ricordato che la musica è parte di quello che sono perché l’ho sempre cercata, mai subita passivamente da una radio o una classifica di successi e che poche cose mi fanno imbestialire come quelli che dicono “A me la musica piace tutta”, senza rendersi conto che stanno denunciando la propria completa assenza di personalità. 

Quindi, grazie amici dark che dal passato più remoto ieri sera vi siete vestiti, agghindati, truccati e colorati i capelli: mi avete riconciliato con il ragazzino un po’ sperduto ma ansioso di conoscenza che sono stato. 


martedì 17 dicembre 2013

L’ALBERELLO DEI LIBRI

Quest’anno per Natale fate una buona azione: regalate dei libri, ma andate a prenderli in una libreria indipendente. Fate questo sforzo. Evitate le grandi catene, peraltro già imballate di gente, uscite dal centro, fate un paio di fermate di metro in più o una passeggiata più lunga del solito. Fatelo con la consapevolezza che state aiutando degli eroi, ossia quei librai che non hanno ancora ceduto alla crisi e stanno tenacemente stringendo i denti. Vi sentirete più buoni, e lo sarete.

Come da tradizione, alcuni miei consigli sui libri da regalare questo natale. 
Avviso: non sono affatto natalizi. 



CLANCY MARTIN - “Adulterio in America Centrale” (Indiana, 14 euro)

Un romanzo breve e crudo sul tradimento e la passione fedifraga: una donna a Cancun per ragioni di lavoro deve incontrare un collaboratore del marito mentre impazza una tempesta tropicale. Tra i due scatta un’attrazione immediata e irrefrenabile e il lettore precipita con loro in questa storia di sensualità e sensi di colpa. Scritto con grande ritmo e sfacciata onestà, è un libro che si legge con un’esatta miscela di eccitazione e apprensione. L’autore ha già pubblicato il romanzo autobiografico “Come si vende” da Adelphi nel 2010 (libro dell’anno per il Guardian e il Times) e anche qui utilizza molto del suo vissuto per dare grande credibilità alla vicenda, come svela nell’intervista che io stesso gli ho fatto, pubblicata al termine del volume. 



DIOGO MAINARDI - “La caduta” (Einaudi, 18 euro)

Storia (vera) di un padre e del suo rapporto col figlio tredicenne affetto da paralisi cerebrale. A differenza della pesantezza che suggerirebbe il tema, Mainardi ha scritto un libro funambolico, pieno di trovate e spunti, in grado di sorprendere, commuovere, sbalordire e far sorridere il lettore. L’autore ha suddiviso la narrazione in 424 frammenti e l’ha affiancata a decine di illustrazioni, riuscendo nella surreale impresa di riportare tanto le immagini tratte dai film di Gianni e Pinotto quanto i quadri del Canaletto alla vicenda di suo figlio Tino, come se tutto nel mondo parlasse di lui e tutto si riferisse a lui. L’autore chiama questi frammenti “passi”, perché per uno spastico ogni passo compiuto in autonomia è una conquista e, da quando ha cominciato a camminare, Mainardi tiene conto di ogni passo compiuto da Tino: è diventata la sua unità di misura della vita.
Un libro coraggioso e innovativo, ma anche un grande esperimento letterario, con traduzione (illustre) di Tiziano Scarpa. 


TERESA CIABATTI - “Tuttisanti” (Il saggiatore, 9 euro)

Prendere un personaggio del nostro costume e trasformarlo in un soggetto letterario: è quello che ha fatto Teresa Ciabatti con Lele Mora, prendendo tutta la sua pacchiana mitologia (le feste sfarzose nella villa in Sardegna, la tunica bianca, i  ragazzotti aitanti che gli si strusciano addosso, gli atteggiamenti da imperatore romano decadente...) e trasformandola in storia-simbolo dei nostri tempi.  Soldi, ambizione, fama, promiscuità sessuale, trash in extremis: c’è tutto. Operazione letteraria intelligente e molto giusta, che ovviamente nessun critico di rilievo (impegnato a recensire Michele Serra, Carofiglio e quelle robe lì) ha colto. Questo libro ha un solo difetto, quello di essere troppo breve. 



GEORGE SAUNDERS - “Dieci dicembre” (minimum fax, 15 euro)


Consigliare questo testo è quasi un’ovvietà, dal momento che è presente in qualsiasi lista di qualsiasi sito sui “Libri migliori del 2013”. Saunders è un autore molto rispettato dalla critica, ma soprattutto adorato dagli altri scrittori. Su di lui tessono lodi Franzen, Pynchon, la Egan, Zadie Smith, ossia alcuni dei pesi massimi della narrativa contemporanea, e del resto basta leggere anche uno solo dei racconti presenti in questa raccolta per capire il perché di tanta ammirazione. Sono tutti testi di un’arguzia notevole, spesso azzardati al punto da disorientare il lettore nelle prime righe. Sono storie che richiedono attenzione e fiducia: all’inizio non capisci bene chi stia parlando o cosa stia avvenendo, devi assecondare il narratore e proseguire e, con un dosaggio che ha del magistrale, a poco a poco gli elementi per decifrare la vicenda vengono svelati. Saunders utilizza punti di vista e stili assai differenti (un diario del futuro scritto con uso di abbreviazioni continue, le fantasie oniriche di un bambino che gioca nella neve, il senso di spaesamento verso la propria famiglia di un combattente di ritorno dal conflitto in Iraq, le sensazioni di un volontario che subisce gli effetti di un farmaco sperimentale). Talvolta perfetti al limite del glaciale, ma ogni racconto è una sorta di lezione di scrittura creativa applicata: leggi e impara. 

mercoledì 4 dicembre 2013

TU CHER CHE RITORNI

Da oggi torna in libreria la mia fiaba natalizia “Tu Cher dalle stelle”. Era esaurita da tempo e molti lettori me ne chiedevano notizia. Sono quindi felice di annunciare che è finalmente disponibile e in una nuova edizione, con una strepitosa copertina firmata da Emiliano Ponzi. L’editore è sempre Playground e costa 7 euro. 
A Natale quest’anno siate buoni: pensate a Cher.