Il mio libro preferito dell’anno è “Sembrava una felicità” di Jenny Offill (NN editore), di cui ho già parlato qui e che consiglio vivamente. Accanto a questo ci sono altre interessanti alternative, che vado a elencare.
AAVV
Quello che hai amato
(a cura di Violetta Bellocchio)
(UTET)
“Abbiamo le prove” è una rivista on line di non-fiction che raccoglie testimonianze di esperienze vissute da donne. Racconti personali che spaziano dalle esperienze sentimentali agli incontri con le popstar, dalle difficoltà sul lavoro ai rapporti complicati con la famiglia, insomma tutto quello che vale la pena essere riportato. Se ancora non lo conoscete vale assolutamente una visita, anche sulla base del fatto che l’anno scorso ha vinto il premio dei Macchianera Awards come miglior sito letterario italiano.
Ideatrice e curatrice del progetto è una delle più talentuose scrittrici italiane, Violetta Bellocchio, che sulla base di questa esperienza ha dato vita all’antologia “Tutto quello che hai amato”. Negli undici racconti che compongono il libro le autrici raccontano esperienze molto diverse fra loro: una difficile estate come ragazza alla pari in una famiglia irlandese, la tormentata storia del bisnonno emigrato in America a cui la moglie traditrice non concederà mai il divorzio, la fissazione maniacale per un film che diventa una sorta di rifugio dove cercare di ritrovarsi, il ricordo delle angherie subite in un paesino di provincia mentre il jukebox trasmette una canzone di Spagna... Storie a volte sofferte, a volte bizzarre, ma sempre dannatamente reali.
Una raccolta di alto livello letterario, che è anche un regalo ideale per l’amica del cuore.
ELENA GHIRETTI
L’intelligenza della specie
(Baldini & Castoldi)
Un altro talento dalla fucina letteraria di ‘tina: dopo il racconto pubblicato sul numero 29 della rivistina, arriva in libreria con il suo primo romanzo Elena Ghiretti.
“L’intelligenza della specie” mette in scena il delicato equilibrio fra tre coppie di amici che viene pericolosamente a incrinarsi quando una di loro sviluppa un’ossessione amorosa verso il fidanzato di un’altra. Ambientato in una Milano elitaria, tra brunch all’Hangar Bicocca, vernissagge al Fuori Salone e spese rigorosamente al supermercato bio, è un romanzo che esamina la fissazione del tutto contemporanea per le scelte giuste (la marca di moda non ancora esplosa, il paesino di villeggiatura fuori dalle tappe turistiche) e per un’esistenza che è all’insegna (inconsapevole?) dello sfoggio continuo.
Una realtà sociale mai rappresentata con altrettanta precisione e cattiveria, con una lingua e uno stile che sembrano la somma impossibile fra l’algida precisione di Bret Easton Ellis e l’appassionata milanesità di Brunella Gasperini.
Il commento più efficace è stato quello di una mia amica, che dopo averlo letto ha dichiarato a proposito dei protagonisti del libro: “Li odiavo ma non riuscivo a staccarmene”.
DONAL RYAN
Il cuore girevole
Trad. di Andrea Binelli
(minimum fax)
Romanzo di debutto dell’irlandese Donal Ryan, due volte premiato come “libro dell’anno”, “Il cuore girevole” rappresenta uno di quegli esempi (ultimamente a me molto cari) di testi in grado di coniugare una storia interessante con un impianto narrativo originale. Potremmo infatti definirlo come la quintessenza del “romanzo corale”, dal momento che protagonista della storia non è un singolo personaggio ma l’intera comunità, chiamata qui a testimoniare in forma di personalissimi monologhi. Ogni capitolo rappresenta il punto di vista di un abitante di un piccolo paese della provincia irlandese travolto da una serie di drammatici avvenimenti (una truffa ai danni di svariati operai, un delitto familiare, una chiacchierata relazione clandestina). A modo suo ciascuno racconta come sono andate le cose, a volte confermando, a volte contraddicendo le testimonianze precedenti. Uno schema dal sapore pirandelliano nel quale emerge una sorta di verità comune al termine della lettura: l’eroica difficoltà di far prevalere il bene in una comunità provinciale, povera e spesso meschina. L’autore riesce sapientemente ad aggiungere particolari via via che i testimoni si susseguono, rendendo la vicenda più comprensibile pur senza essere mai completamente risolta, lasciando al lettore il dovere di trarre conclusioni pratiche e morali.
MERRITT TIERCE
Carne viva
(Trad. di Martina Testa)
(Sur edizioni)
A volte i romanzi sanno essere spietati e farci aprire gli occhi su realtà che preferiamo ignorare. In questo “Carne viva” veniamo a scoprire il dietro le quinte del mondo della ristorazione americano attraverso gli occhi di uno dei suoi protagonisti minori: una semplice cameriera. La vita di Marie è scandita da una successione di locali: bar, ristoranti, tavole calde. Posti dove le giornate sono tutte uguali, i turni massacranti, i clienti petulanti con le loro continue richieste e soprattutto dove è facile essere licenziati in tronco per un motivo qualsiasi. La stessa interruzione del rapporto di lavoro non è vissuta come un dramma: a un posto desolante ne seguirà un altro altrettanto squallido, in una sorta di pellegrinaggio infinito. Per sopportare una simile routine esistono poche scappatoie: ubriacarsi, farsi di una droga qualsiasi e scopare con il primo che capita, che sia il lavapiatti o il cliente danaroso, sono modi come altri.
L’aspetto che più colpisce (che più ferisce?) di questo romanzo è l’assenza di rivendicazioni: Marie subisce tutto questo con una forma di accettazione assoluta. Non sembra neppure considerare l’ipotesi che possa ribellarsi o che la vita possa offrirle di meglio. E, in verità, probabilmente ha ragione.
Merry Christmas to you.
PAULA HAWKINS
La ragazza del treno
(trad. di Barbara Porteri)
(Piemme)
Mi conoscete, io non consiglio mai dei best-seller, anzi in genere li detesto. Faccio un’eccezione in questo caso perché qui ci troviamo di fronte a una combinazione fortuita: un thriller appassionante basato su una struttura letteraria insolita.
È possibile risolvere un caso poliziesco gettando uno sguardo sulla scena del delitto da un treno in corsa? Più o meno è quello che tenta di fare la protagonista di questo giallo atipico che, osservando una casa dal finestrino del convoglio pendolari che prende tutti i giorni, comincia ad accumulare dettagli e considerazioni che possono rivelarsi fondamentali per scoprire l’autore di un delitto.
Ogni capitolo del romanzo è suddiviso in viaggio d’andata e viaggio di ritorno, un espediente letterario che lo rende diverso da ogni altro romanzo di genere letto finora.
Io l’ho divorato in un giorno e mezzo.
JOHN CHEEVER
Una specie di solitudine (I diari)
(trad. di Adelaide Cioni)
(Feltrinelli)
Cheever è un maestro del racconto americano (su tutti, basti citare “Il nuotatore”, esempio magistrale di short-story dal quale è stato tratto un film con Burt Lancaster), ma la pubblicazione postuma dei suoi diari ha fatto scoprire un altro lato, altrettanto magnifico, del suo talento come scrittore: quello di osservatore acuto e compassionevole della difficoltà di vivere. In queste pagine Cheever scandaglia il proprio animo registrando ogni sfumatura: l’impossibilità di accontentarsi della serenità offerta dalla propria famiglia, l’ossessione costante del sesso in una miriade di sfaccettature (la scollatura della cameriera in un diner, lo sguardo provocatorio di un ragazzo sul treno), l’ansia di non essere uno scrittore all’altezza dei suoi contemporanei, i ricordi di un’adolescenza segnata dalla solitudine. Curiosamente nel testo sono assenti le date, quasi un’incongruenza trattandosi di un diario, però questo conferma si tratta di un libro più vicino a una raccolta di meditazioni che a una cronaca quotidiana. Pubblicato in Italia tre anni fa, il volume è da poco uscito in edizione tascabile. Se siete quel tipo di lettore che ama sottolineare frasi significative, in queste 500 pagine avrete un bel daffare.
EMILIANO PONZI
The journey of the Penguin
(Penguin)
Per finire, un libro senza parole, di sole immagini.
Emiliano Ponzi è in questo momento l’illustratore italiano più apprezzato al mondo: sue tavole compaiono sulle copertine di libri internazionali, sugli inserti di Repubblica e di Le Monde, sulle copertine del New Yorker, di Variety, di Internazionale e di Le nouvel observateur. (Come una di queste sia finita sull’ultimo numero di ‘tina rasenta l’inspiegabile).
Il fatto che un editore storico come Penguin abbia affidato a lui il volume per celebrare i suoi 80 anni di attività la dice lunga sul livello di considerazione (meritatissimo) che Ponzi è riuscito a guadagnarsi in questi anni.
Per descrivere “The journey of the penguin” mi verrebbe da usare l’aggettivo ‘poetico’, ma mi tratterrò dal farlo. Diciamo invece che Emiliano ha avuto l’ardire di arrivare a immaginare la storia di un semplice pinguino che dal polo nord arriva a New York per conquistare la fama come emblema della casa editrice nota in tutto il mondo. Un’epopea suggerita attraverso una serie di tavole di assoluta bellezza, per il tratto e per la visionarietà.