Scrivere comporta una dedizione che pochi sono realmente disposti a concedere. Innumerevoli volte mi è capitato di sentire gente annunciare di essere al lavoro su un libro. A volte si è trattato anche di persone con una certa professionalità (giornalisti, blogger) e di una notevole fama (cantanti, attori, in questo caso quasi sempre con anticipi di migliaia di euro già versati sul loro conto corrente da parte di grandi case editrici). Dichiaravano l'entusiasmo dell'inizio, la gioia di comporre le prime pagine, di mettere su carta i propri pensieri e/o i propri ricordi. Bastavano poche settimane perché tutta questa esaltazione evaporasse. I più abbandonavano dopo qualche capitolo. L'attore e il cantante mollavano tutto nelle mani di un ghost-writer, per salvare il contratto e l'anticipo già incassato ("Però la storia è tutta mia" si affrettavano a specificare, come se questo cambiasse qualcosa).
Un'altra ingenuità legata alla scrittura riguarda appunto il valore dell’idea. L'idea per un libro, l'idea per un racconto. Non so quante volte mi è capitato di ascoltare frasi del tipo "Ho un'idea fantastica per un romanzo, solo che non ho il tempo per scriverlo", quasi a lasciare intendere che la sola differenza fra noi consistesse in una vita meno impegnata (la mia, dal momento che avevo anche il tempo per scrivere).