Deve essere davvero grave il peso che un ragazzo si porta sul cuore se decide di togliersi la vita a 21 anni. Vent’anni, l’età d’oro, magica, irripetibile, l’età più bella secondo le canzonette e i detti popolari. Per questo ragazzo, e purtroppo per tanti altri prima di lui, questa età invece è talmente spaventosa che ha preferito farla finita. Ha scelto la morte invece che il futuro: fa impressione pensarlo, ma è così. E un po’ di responsabilità è di tutti noi. Perché questo ragazzo era gay e temeva che nel nostro paese questo non gli avrebbe concesso di condurre un’esistenza serena, possibile.
L’Italia è razzista.
Cominciamo da qui. Cominciamo a dirlo, magari provoca qualche reazione. Del resto, un paese che induce al suicidio giovani e adolescenti tanto accogliente e comprensivo non può essere. Un paese che nega alcuni diritti fondamentali a una fetta di popolazione, che si oppone all’approvazione di leggi in grado di contrastare gli attacchi dettati dall’odio e dal pregiudizio non può che essere riconosciuto come razzista. Se lo merita.
Facciamo un esperimento: provate a sostituire i termini. Provate a pensare che invece di omosessuali si stia parlando di persone di colore, o di ebrei, o di disabili. Pensate un paese che neghi il diritto di sposarsi a due persone perché sono nere o sono disabili o perché di origini ebraiche. Non suona mostruoso?
Qualche settimana fa è apparsa sui giornali la notizia che nel giorno in cui era prevista la discussione in Parlamento sulla legge contro l’omofobia in alcune chiese erano state organizzate novene di preghiera affinché non venisse approvata. Quanto è grottesco tutto ciò? Un paese in cui si prega perché non venga promulgata una legge che contrasti l’odio.
Forse sono io che non capisco. Non ci arrivo proprio. A me sembra al contrario che certe verità siano così semplici che non abbiano bisogno di spiegazioni, di lotte in ambiti politici, di schieramenti e opposizioni, di novene isteriche: picchiare qualcuno, torturarlo, sfigurarlo, solo per via del suo orientamento sessuale è un crimine abbietto, ingiustificabile, e va punito severamente. Punto.
Io non so quali angherie, quali insulti, quali soprusi abbiano spinto il ragazzo ventunenne di Roma (l’ultimo di un triste e lungo elenco) a gettarsi dalla cima di un palazzo, non posso neanche immaginare un simile abisso di disperazione. In compenso posso ben capire il contesto in cui il suo disagio si è sviluppato e ha preso il sopravvento.
Negare certi diritti equivale a ritenere certe persone meno degne.
Non approvare una legge contro un certo crimine equivale a ritenerlo meno grave di altri, più giustificabile.
Mi pare ovvio, ma per molti, a tutta evidenza non lo è.
In quanto gay mi sono trovato continuamente a dover difendere posizioni che credevo scontate e che invece ogni volta è necessario ribadire. Per esempio, sul senso profondo e reale dei Gay Pride (la contestazione più comune e più becera: - Se voi fate il Gay Pride allora perché io non faccio un Etero Pride? -. Perché ogni volta che passeggi mano per mano con la tua ragazza o la baci per strada lo stai già facendo il tuo Etero Pride, idiota). Anni di discussioni con colleghi, vicini di casa, amici, familiari. Un gay dichiarato è un politico domestico, deve per forza di cose diventare paladino di se stesso.
Se le istituzioni arrancano però le risposte cominciano a venire da altre parti. Su modello del sito americano itgetsbetter.org è da poco nato lecosecambiano.org, un portale creato per sostenere proprio i giovani omosessuali vittime di bullismo e incoraggiarli a resistere. Il sito contiene testimonianze scritte e video di personaggi pubblici o semplici cittadini che vogliono lasciare un messaggio di incoraggiamento a questi ragazzi, a dire loro che suicidarsi è sbagliato, che non devono temere il futuro, che al mondo ci sono migliaia, milioni di persone pronte ad amarli e accettarli, che devono avere fiducia.
Speriamo che questo messaggio di speranza arrivi. Che non arrivino loro solo gli insulti, gli schiaffi, gli spintoni in corridoio, gli ammiccamenti sulle scale, l’epiteto sprezzante gridato dal bullo, - Frocio! -, e giù tutta la classe a ridere complice.
Speriamo che sulla cima del palazzo ci salga per guardare l’orizzonte, non per negare a sé un futuro.
E’ per questo piuttosto che io pregherei. Ma di novene di questo tipo non ne sono state ancora organizzate, o mi sbaglio?