L’editoria è in crisi. Il mercato del libro sta attraversando una fase delicata e incerta di trasformazione: l’avvento del digitale, le piattaforme per l’autopubblicazione, la fusione dei grandi gruppi editoriali, il crollo delle vendite, i social network che sottraggono tempo alla lettura tradizionale. In questo confuso scenario, nel quale anche le previsioni a breve termine sono difficili da fare, molte piccole case editrici sono costrette a chiudere e ancora di più sono le librerie indipendenti che abbassano la saracinesca. Ma quelle poche che resistono, come riescono a farlo? In anni di attività come scrittore, attraverso presentazioni, incontri, festival e manifestazioni, sono entrato in contatto con numerosi librai e spesso sono rimasto affascinato dalla loro passione, dalla loro preparazione e dall’entusiasmo col quale svolgono il loro lavoro. Sono loro che reggono in piedi, senza alcuna agevolazione e spesso senza nessuna riconoscenza, un tessuto culturale che permette a questo paese di essere ancora vivace e reattivo, anche in zone dove sembrerebbe impossibile esserlo. Così mi sono chiesto, ma loro come stanno vivendo questo momento? Cosa pensano? Come percepiscono il loro ruolo? Che difficoltà incontrano e che soddisfazioni provano? Ho stilato una serie di domande e le ho inviate ad alcuni amici sparsi per la penisola. A partire da oggi comincio a pubblicare le loro risposte, via via che mi giungono.
Trovate la prima qui.
(PS: Se siete anche voi dei librai e volete dire la vostra, fatemelo sapere).
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